Eugenio Scalfari torna a impegnarci ancora una volta sul tema della costituzionalità del governo Monti. Sì, costituzionalità, perché in effetti e a rigore abbiamo assistito a singolari interpretazioni delle procedure previste dalla Costituzione repubblicana o, se si vuole attenuare la portata dei fatti, di cinquant’anni di prassi costituzionali sulle modalità di nascita del governo Monti “sperimentate” dal presidente Napolitano.

Scalfari, abbandonando per una seconda domenica i campi meno perigliosi della filosofia solitamente da lui solcati, ha dettato con determinazione una linea di interpretazione costituzionale con l’auspicio che valga per il futuro: d’ora innanzi i governi dovranno essere espressione della scelta del presidente della Repubblica; sarà la più alta carica a scegliere premier e ministri, grazie al “rapporto fiduciario“, così lo chiama il grande vecchio del giornalismo italiano, che lega i due presidenti e a cui la maggioranza politica dovrà acconciarsi.

Sostiene Scalfari che ciò è quanto di più aderente al dettato costituzionale possa immaginarsi. Da dove e come ricavi quest’assetto del potere politico di chiaro stampo presidenziale in una repubblica parlamentare non è dato sapere. Non vale a nulla quanto si sia detto e scritto; quanto nell’ambiente dei giuristi in genere, e non esclusivamente dei costituzionalisti, si manifesti con forti perplessità e preoccupazioni circa le innovazioni introdotte da Napolitano; non serve indicare quanto pericolosamente si stia scivolando verso forme inedite di autoritarismo agevolate da micidiali campagne populistische e antipolitiche di importanti gruppi editoriali-economico-finanziari; resta inascoltato il grido di allarme verso lo svuotamento complessivo delle forme attraverso cui si esercita la democrazia rappresentativa. Nulla! Eugenio Scalfari sostiene che finalmente dopo il 1948 con Monti si stia applicando la Costituzione repubblicana.

Mi basterebbe che Scalfari spiegasse perché Napolitano nella scorsa legislatura si sia rifiutato di nominare altri senatori a vita argomentando di non volere alterare equilibri politici, mentre abbia utilizzato con un po’ di azzardo questo strumento per lanciare Monti a Palazzo Chigi. Sarebbe interessante conoscere cosa sia mutato nell’interpretazione costituzionale dei poteri presidenziali dal 2008 in avanti, quando si è permesso un ricorso parossistico alla fiducia, mentre nei due anni precedenti sul governo Prodi piovevano dal Quirinale strali continui. Ma se avesse ragione Scalfari, allora farebbe assai piacere capire, Costituzione alla mano come lui sostiene, cosa abbia indotto sempre il presidente Napolitano a nominare ministro con riserva (sic!) Saverio Romano, prima indagato e poi rinviato a giudizio per reati di mafia.

Insomma, Scalfari non è Attali né Napolitano Mitterand, e continuano a prodursi guasti e ammassarsi macerie contro quella Costituzione repubblicana, antifascista, parlamentare, sinora capace di assicurare espansione dei diritti, solide tutele nel segno della democrazia partecipativa e rappresentanza. Francamente credo che, dopo aver conosciuto la finanza creativa della destra italiana, il costituzionalismo creativo della gerontocrazia cosiddetta progressista appaia come la cosa più grottesca a cui capita di assistere con sgomento in giorni durissimi come quelli che stiamo vivendo.

Ps. Abbiamo salvato l’Italia e l’euro, ripetono tutti, ossessivamente. Un’altra menzogna, o meglio non hanno certo salvato il popolo italiano, la sua grande maggioranza, la povera gente, i disoccupati, i lavoratori dipendenti, i pensionati. In conseguenza di quel tragico accordo intergovernativo di Bruxelles il popolo italiano ogni anno dovrà subire una manovra con pareggio di bilancio più una aggiuntiva di 40 miliardi di euro. Il governo Monti spianerà anche le Alpi, ma nel frattempo la ministra Fornero si prepara a piangere di nuovo, stavolta per le riforme sul mercato del lavoro.

Questo invece lo dedico ai miei pochi lettori, per restare fedeli ai propri ideali e con un grande in bocca al lupo perché ce n’è davvero bisogno!

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