Se c’è un editore che più di ogni altro in questo paese ha pagato e continua a pagare il monopolio televisivo e la spartizione delle frequenze che avviene per diritto di casta, nel completo disinteresse – come è logico che sia – della concorrenza, questo è Francesco Di Stefano: il simbolo degli effetti iniqui che un governo telecratico produce e della conseguente invisibilità di chi viene cancellato dal sistema.

Kafka non avrebbe saputo scrivere una storia più assurda (qui il video della mia prima intervista, realizzata nel 2008). Uno stato indice una gara per l’assegnazione delle frequenze. Un libero imprenditore spende un milione e mezzo di euro per mettere insieme gli studi più grandi d’Europa e vince la concessione. Rete 4 la perde ed è destinata al satellite. Ovunque, perfino nello Zimbabwe (per dirla alla Masi), uno che vince un appalto ottiene il bene oggetto della concessione. E se non lo ottiene scoppia un casino che non finisce più. Qui no. Qui non scoppia neppure una pallina di materiale da imballaggio, di quelle che fanno puff.

Dieci anni di battaglie giudiziarie, condotte a tutti i livelli. Dieci anni di vittorie legali, ottenute anche in sede europea, che rappresentano al meglio la totale impotenza della legge di fronte allo strapotere dei signori dell’etere. Graham Watson, l’ex presidente del gruppo Alde (Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa), nonché interfaccia del Parlamento Europeo con le istituzioni italiane deputata a ottenere il rispetto delle sentenze – che ho avuto il privilegio di intervistare nel suo ufficio di Bruxelles -, ottenne dall’allora ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni una bella pacca sulla spalla e il consiglio per Di Stefano di accontentarsi del risarcimento perché – letteralmente – “non tira aria”. E stiamo parlando di un ministro di centrosinistra.

Chiedete ad amici e conoscenti se sanno chi o cosa sia Europa 7, ovvero quello che avrebbe dovuto diventare il terzo polo indipendente televisivo italiano, e otterrete la misura scientifica di quanto l’informazione in Italia, sia nel pubblico che nel privato, abbia potere di vita e di morte sulle notizie.

Un paio di anni fa Di Stefano ottiene una frequenza laddove avrebbe potuto fare meno danni possibili: sul digitale terrestre. Che non funziona e che, in ogni caso, costringe ad avere posizioni irraggiungibili sul telecomando. Siccome tutto si può dire tranne che non sia testardo, risoluto e innovatore, decide di sfruttare la situazione buttandosi, primo al mondo, in un’implementazione del Dvb-T 2 che gli consente di avere su quella stessa frequenza ben 8 canali in alta definizione, due standard e perfino qualche canale di porno. Il tutto con un decoder personalizzato che risolve tutti i problemi del digitale terrestre prima maniera, che permette di avere più canali, di memorizzarli nelle posizioni che più aggradano e che consente di avere anche il 3D senza occhialini (con televisione predisposta). E con un canale di informazione indipendente, Fly, completamente gratuito.

Uno pensa: è fatta. Cos’altro può capitargli? E invece no, perché il romanzo kafkiano di Europa 7 ha più pagine di Guerra e Pace. Nel marzo scorso Dahlia, il canale digitale terrestre che trasmetteva tra l’altro le partite del campionato italiano, fallisce. I suoi abbonati si ritrovano con otto partite pagate che non vedranno mai. La Lega Calcio indice un’asta, alla quale inizialmente partecipano Mediaset, I Move ed Europa 7, ma l’unica offerta sul tavolo della Lega, il 9 marzo scorso, erano i 5 milioni e 200 mila euro messi sul piatto da Di Stefano. La Lega Calcio rifiuta e preferisce regalare le restanti otto partite a Mediaset. Di nuovo, manco nello Zimbabwe.

Secondo voi Di Stefano si arrende? Sono andato a chiederglielo direttamente a Roma. Nel video in cima al post la nuova intervista. La trascrizione integrale è disponibile sul mio blog.

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