La novità del giorno sono le minacce ministeriali. Mentre studenti e ricercatori continuano a riempire le piazze e a occupare i tetti degli atenei contro il ddl Gelmini approvato ieri alla Camera, nel pomeriggio è stato proprio il ministero dell’Istruzione, in una nota, a mettere in guardia sui rischi che il sistema universitario correrebbe se la riforma non dovesse passare. Di fatto il Miur ipotizza la paralisi degli atenei, con blocchi di assunzioni e stop ai concorsi. Se non passa il ddl di Mariastella Gelmini si ferma tutto, insomma. Un’affermazione che somiglia a un ricatto. Anche perché, in alternativa, si sarebbero potute adottare altre misure per sbloccare i bandi.

Ma il comunicato ha un unico scopo, quello di rispondere al capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro, che ha invitato il governo Berlusconi a non presentare al Senato la riforma dell’università prima del voto di fiducia del 14 dicembre. Pronta la replica, direttamente dal canale istituzionale. La nota del Miur è chiara: “Se il ddl non dovesse ricevere il via libera definitivo o non essere calendarizzato potrebbero verificarsi le seguenti conseguenze per il sistema universitario”. E qui parte la lunga lista. Primo punto: “Nessun concorso per ordinari e associati. Il fondo per assumere 1.500 professori l’anno tra il 2011 e il 2013 sarebbe inutilizzabile pur a fronte di un massiccio esodo di docenti già in larga parte avvenuto nel 2009-2010. La legge del 2005 ha abrogato le vecchie regole concorsuali ma non ne sono mai stati varati i decreti attuativi. Quindi al momento non si possono bandire concorsi né da associato né da ordinario, mancando una normativa in materia”.

Non finisce qui. Perché il ministero ne ha anche per i ricercatori, che in questi mesi sono stati i principali “animatori” della rivolta degli studenti, con clamorose proteste anche internazionali (come quella dei giorni scorsi sul tetto del Cern di Ginevra). Così ecco la seconda conseguenza ipotizzata dal ministero: “Nessun concorso. Le norme sui concorsi da ricercatore, riviste con la legge 1/2009 scadono il 31 dicembre 2010. Dal 1 gennaio quindi – sottolinea il Miur – se non passa il ddl, non si potranno bandire posti da ricercatore”. Anche in questo caso il ddl non viene difeso nel merito dei provvedimenti, ma semplicemente viene presentato come l’unica alternativa possibile. Come a dire: arrivati a questo punto, vi conviene stare con il governo. Meglio poco che niente, insomma.

Ma la nota del Miur non si limita a questo. Dopo aver “sistemato” i docenti in attesa di una cattedra e i ricercatori che aspettano un bando, il ministero annuncia tempeste (sempre e solo nel caso in cui la riforma non diventasse legge), anche per chi un posto ce l’ha ed è semplicemente in attesa di un adeguamento contrattuale. Ecco la terza minaccia: “Blocco delle risorse per reintegrare scatti. Il ddl prevede un fondo premiale per il 2011-2013 che serve a reintegrare su base meritocratica parte degli scatti di stipendio: senza il ddl queste risorse non potranno essere utilizzate per lo scopo previsto”.

Per sponsorizzare il passaggio al Senato del ddl e rispondere alle critiche dell’opposizione, dunque, il ministro è disposto a gettare nel panico chi, nelle università, ci lavora. O vorrebbe lavorarci. Mariastella Gelmini lo ripete ancora in serata: “E’ urgente l’approvazione della riforma, e per questo è urgente la calendarizzazione al Senato, altrimenti sono a rischio concorsi e finanziamenti”. Una formula, ripetuta come un mantra, da vari esponenti del Pdl: ”E’ urgente l’approvazione della riforma dell’università, e per questo è urgente la calendarizzazione al Senato, altrimenti sono a rischio concorsi e finanziamenti”, dice Valentina Aprea (Pdl), presidente della Commissione cultura alla Camera. Le fa eco Cinzia Bonfrisco, senatrice Pdl: “Ricordiamoci che l’approvazione del ddl consentirà di risolvere attraverso concorsi la gran parte della stabilizzazione del precariato universitario. Per aiutare questo Paese ad abbandonare vecchie prassi e odiose incrostazioni di un sistema che ruba il futuro ai nostri giovani”.

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