"Riduzione delle tasse nel 2010? Questa frase dal presidente non è mai stata pronunciata".
Così Paolo Bonaiuti, il portavoce del presidente del Consiglio, smentiva una frase attribuita a Silvio Berlusconi nel giorno dell’Epifania. Era solo questione di tempo, però, prima che Berlusconi smentisse la smentita.

In un’intervistina a Repubblica (!), piazzata con understatement a  pagina 11 , Berlusconi dice: "Ci sono delle emergenze. Come la riforma tributaria, la riforma della giustizia e la riforma istituzionale". Poi aggiunge: "Con Tremonti stiamo studiando una riforma tributaria, un progetto che avevamo indicato già nel 1994".

E infatti, per il momento, il "grande dibattito" auspicato dal ministro dell’Economia si declina nella pubblicazione sul sito Internet del ministero delle Finanze, in bella vista sulla homepage, del "libro bianco" sulla riforma fiscale del 1994, firmato Tremonti. Un reperto archeologico di politica tributaria che risale ai tempi in cui Berlusconi prometteva la "rivoluzione liberale" con il miraggio delle due sole aliquote sull’Irpef, sognando le flat tax anglosassoni.

Ovviamente la rivoluzione non si è mai realizzata e i liberisti come Antonio Martino che all’epoca si erano lasciati sedurre dal berlusconismo thatcheriano ora sono disillusi e ai margini. Ma il governo, conferma Berlusconi, vuole riprovarci. Il problema è sempre lo stesso: dove sono i soldi per ridurre le tasse? Una questione delicata, soprattutto adesso che le entrate sono in calo per la recessione (e forse pure per l’evasione) e che, come ricorda lo stesso Tremonti, l’aumento del debito pubblico si traduce in una "tassa" da otto miliardi all’anno per gli interessi.

Neppure all’Università di Chicago citano più la curva di Laffer – se tagli le tasse il gettito sale perché l’economia cresce e i contribuenti le pagano più volentieri – quindi lo slancio riformatore di Berlusconi e Tremonti rischia di esaurirsi in fretta. Per quel poco che si può intravedere dietro le anticipazioni di Tremonti, gli scenari possibili sono due.

Primo: l’introduzione di un modello "bonusmalus" che riduce le tasse a qualcuno e le alza a qualcun altro giudicato meno meritevole lasciando praticamente invariato il gettito. Servirebbe a incentivare la green economy e a penalizzare i settori poco graditi (come le banche o i petrolieri) e a vantare il successo di una riforma.

Seconda ipotesi, più probabile: il gettito che entrerà in cassa con la proroga dello scudo fiscale (da dicembre ad aprile) verrà speso per un intervento una tantum, magari a ridosso delle regionali. Non sarà una riforma, ma è il massimo che Berlusconi e Tremonti si possono permettere.

Da Il Fatto Quotidiano del 10 gennaio

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