La partita che si è tenuta a fine settembre è finita 5-0 per gli ospiti, ma per i tifosi di casa la vera vittoria è stato il match in sé. Non è una cosa da tutti i giorni, infatti, vedere il più che blasonato Real Madrid giocare una sfida ufficiale ai piedi della catena montuosa del Tian Shan, che incornicia Almaty. La seconda città del Kazakistan si trova nell’estremo sud-est del vastissimo territorio della Repubblica centrasiatica, a poche centinaia di chilometri dal confine con la Cina, al punto da essere più vicina a Pechino che a Madrid. Un confronto reso possibile dalla qualificazione della squadra locale, il Kairat, alla fase finale della Champions League, la più importante manifestazione calcistica per club a livello europeo. Le lunghissime trasferte che le squadre che giocano ad Almaty si trovano ad affrontare ha scatenato polemiche ma le regole e la geografia sono dalla parte kazaka: nel 2002 il paese è stato ammesso all’Uefa, la federazione europea del calcio, e una piccola parte del suo territorio è morfologicamente sul continente europeo.
La favola del Kairat è solo un esempio di quella che è una realtà sempre più concreta, ossia il boom del calcio centrasiatico. Che ha nell’altro gigante regionale, l’Uzbekistan, un capofila forse ancora più legittimo. La squadra nazionale del paese si è infatti qualificata per i Mondiali del 2026, che si svolgeranno in una sede tripartita tra Canada, Messico e Stati Uniti, primo team dell’area in assoluto a riuscirci. A onore di cronaca va detto che, a differenza del Kazakistan, l’Uzbekistan appartiene alla federazione asiatica – l’Asian Football Confederation – affiliazione che garantisce la possibilità di affrontare compagini certamente meno competitive di quelle europee sulla strada della qualificazione, facilitando il compito. In ogni caso si tratta di un risultato storico, a cui Tashkent vuole a tal punto arrivare preparata da aver assoldato nientemeno che Fabio Cannavaro come allenatore della sua nazionale. Un ingaggio reso possibile da uno dei grandi protagonisti di questa storia: il denaro. Il campione del mondo 2006 infatti si porterà a casa un ingaggio di circa quattro milioni di euro all’anno, somma che ne fa il quarto commissario tecnico più pagato al mondo.

Business verso i 600-800 milioni di dollari: e arriva la candidatura a ospitare la coppa d’Asia 2031
Il peso degli investimenti nello spingere quella che era la periferia del calcio a un posto di primo piano a livello globale è confermato a Millennium anche da Amando Moreno, professionista della società di consulenza calcistica Elite Football Consultancy, con base a Shanghai: «La crescita del movimento è favorita da una duplice spinta, del settore pubblico e di quello privato, sebbene inizialmente fosse partita come un’iniziativa statale. In Uzbekistan, lo sviluppo del calcio è diventato parte integrante di una strategia nazionale volta alla proiezione internazionale e alla coesione sociale, con ingenti investimenti in strutture, stadi e formazione tecnica».
La formazione tecnica sta dando grandi risultati anche guardando ai singoli giocatori. È il caso ad esempio di Abdukodir Khusanov, difensore uzbeco che a gennaio del 2025 è passato dal Lens al Manchester City, diventando il primo calciatore della repubblica centrasiatica a giocare nella Premier League inglese. O, guardando più vicino a casa nostra, di Eldor Shomurodov, nel 2020 il primo uzbeko a raggiungere la Serie A, nella Roma. Denaro che genera altro denaro, come sottolinea Moreno: «Sulla base dei nostri studi e ricerche, il settore calcistico dell’Asia Centrale è sulla buona strada per raddoppiare il suo valore di mercato entro il 2028, raggiungendo circa 600-800 milioni di dollari all’anno. È ancora inferiore a quello del Sud-Est asiatico o del Golfo, ma sta crescendo rapidamente, oltre il 10% all’anno. La regione sta passando da un calcio guidato dallo Stato a un settore più sostenibile e connesso a livello globale».
Il calcio è lo show del regime
Se Kazakistan e Uzbekistan sono storie virtuose, nella regione non mancano però esempi di tutt’altro tenore. In questa poco invidiabile classifica a trionfare è senza dubbio il Turkmenistan, repubblica che insieme a Kirghizistan e Tagikistan e ai due già menzionati giganti dell’area compone il quintetto di paesi che formano l’Asia Centrale. Il Turkmenistan è guidato da una delle più brutali dittature a livello mondiale e il calcio non poteva che rappresentare plasticamente la presa del regime sulla sfera sociale.
Un nome su tutti: quello dell’Arkadag FC, squadra fondata nel 2023 in onore di Gurbanguly Berdymukhammedov (detto proprio Arkadag, ossia “protettore”), padre dell’attuale presidente turkmeno e leader di fatto del paese. Il team, che ha sede in un’avveniristica smart city a pochi chilometri dalla capitale Ashgabat, ha fatto registrare una striscia positiva di oltre 60 vittorie, vincendo campionati a man bassa grazie anche ai palesi favori arbitrali che ne hanno caratterizzato la marcia trionfale. Per quanto ermetico sia il regime che guida il Turkmenistan, alcune voci critiche sono filtrate verso l’esterno, descrivendo una realtà in cui il calcio nazionale è visto con sempre maggiore distacco dai tifosi locali, che lasciano gli spalti degli stadi vuoti e cercano di procurarsi connessioni Internet con cui assistere ai più competitivi campionati europei.
Va detto che lo sport è una vera e propria ossessione per i Berdymukhammedov, soprattutto il più anziano dei due, dentista di formazione. Famosi sono i video che lo ritraggono cimentarsi in numerose discipline e il suo presunto salutismo tocca vette altissime, al punto da costringere i cittadini turkmeni a prendere parte a iniziative come “Il mese della salute e della felicità”, a base di esercitazioni fisiche pubbliche.
Anche in Tagikistan la situazione è al limite del surreale. La Federazione calcistica nazionale è dal 2011 ostaggio di Rustam Emomali, figlio del dittatore che guida la repubblica centrasiatica da oltre 30 anni e suo probabile successore. Grande appassionato di calcio, il trentasettenne è a capo anche della Federazione calcistica dell’Asia Centrale ma a essere note sono soprattutto le sue imprese sul campo. Nel 2007 si fece promotore della fondazione della squadra Istiklol, con sede nella capitale tagica, Dushanbe. Ricoprendo, e non poteva essere altrimenti, il ruolo di capitano, Rustam Emomali negli anni successivi ha guidato la compagine alla vittoria di cinque campionati consecutivi, grazie anche a palesi favoritismi.
Nel 2012 fece notizia il provvedimento disciplinare della Federazione tagika preso nei confronti del Ravshan Kulob, team molto popolare tra i tifosi locali. Cinque suoi giocatori vennero pesantemente sanzionati per il presunto comportamento antisportivo tenuto durante la partita giocata e vinta pochi giorni prima contro l’Isitklol Dushanbe. In Tagikistan battere la squadra del figlio del presidente può costare caro. Pochi anni fa fece invece notizia un’altra vicenda, quella di Dilshod Vosiev, uno dei calciatori più conosciuti del Tagikistan. Terminata la carriera con sette campionati nazionali vinti e tre titoli di capocannoniere conquistati nella Vysšaja Liga – la serie A tagica –, fu infatti costretto a emigrare verso la Russia in cerca di un impiego. Un destino comune a quello di milioni di suoi concittadini ma che rende evidente lo stato di arretratezza, anche economica, che caratterizza il calcio professionistico nel paese.
Nonostante queste differenze così palesi in termini di sviluppo del settore calcistico, in Asia Centrale si sta affermando però un approccio regionale agli eventi internazionali. Lo dimostra ad esempio la candidatura congiunta presentata da Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan per ospitare la Coppa d’Asia di calcio 2031. In caso di assegnazione, si tratterebbe del più importante evento calcistico mai ospitato in loco. Se Turkmenistan e Tagikistan raccontano tutt’altra storia, tra grandi partite, nomi altisonanti e investimenti a vari zeri, per Kazakistan e Uzbekistan la strada verso il gotha calcistico mondiale sembra tracciata. Sarà da valutare se i benefici di questa crescita si faranno sentire in tutta la regione.