Prima della pioggia
di Claudia Rossi

Ti sei perso gli Oasis? Va be’, dài, don’t look back in anger

La chiamano Fomo , ormai si usano acronimi per ogni cosa e questo sta per fear of missing out: la paura di perdersi qualcosa, di rimanere a guardare, di non esserci. Una paura che parrebbe assurda: detta alla Moretti, quel “faccio cose, vedo gente” che tanto ha cullato chi pensa di essere nato, al contrario, per “stare lontano”. Lontano da quello che tutti vogliono, in un certo momento. Poi succede che nell’estate 2025 parte il tour della reunion degli Oasis. È allora che un autentico fan inizia a vedere cosa accade, attraverso i media e i social. LUI, che non è riuscito a comprare un biglietto e che è sempre stato uno “lontano”, prova la Fomo. LORO, quelli che il biglietto lo hanno comprato, diventano oggetto di supposizioni dettate da nervosismo. Il vero fan è sicuro, sa che LORO non se lo meritavano: lo vede dalle facce, dalla postura, dai modi. Vede influencer che postano foto, che “shazammano” (vedi Google). Parla per invidia, è chiaro.

La Fomo esiste, ora lo sa e ogni volta che guarda un video la prova: gli rode qualcosa, un sorcio gli cammina dentro la pancia, non si spiega altrimenti. Perché stiamo parlando di una reunion biblica, sorprendente, right here right now, in un’epoca di presunti (o noiosi) sold out. Inutile fare cenni sulla storia della band di Manchester che si accende e scoppia negli anni Novanta: se qualcuno non la conosce, pace all’anima sua. È un gruppo popolare, nel senso vero del termine. Esiste il popolo degli Oasis, che portava la zazzera, che camminava ondulato, che urlava cori immortali in faccia a chi diceva “il tempo vi ridimensionerà”. L’attesa per questo evento è sempre stata dirompente. Quel popolo doveva avere i biglietti, doveva sentire l’attacco del live con Acquiesce e mettersi a piangere per non smettere più. Invece no, la riffa della vita fa così. La cosa positiva? Dei 16,6 milioni di utenti che hanno scoperto gli Oasis su Spotify, oltre il 50% fa parte della Gen Z. Bene che i ragazzi ascoltino la musica che ha già cambiato la vita di una generazione abbondante. Tutto cambia per restare uguale? No, avanti anche con i nuovi generi, con gli artisti di oggi. Ma “don’t look back in anger”, più che un ritornello, sembra un consiglio.

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