Così lontano così vicino
di Emanuele Greco

Partenone, la modesta parcella dell’archistar

In tema di lavori pubblici, la documentazione principale viene, anche in questo caso, da Atene. Con le fonti, specialmente epigrafiche, che diventano non poche in età classica (V secolo a.C.) possiamo avere un’idea di come si stabilissero una serie di passaggi, compresi i costi (tra cui quello del lavoro) e i meccanismi messi in atto dalla città per controllare la realizzazione delle opere pubbliche in tutte le sue fasi. Non possiamo riferirci ad altro se non ai grandi lavori dell’acropoli ateniese, che oggi conosciamo bene anche grazie a ricerche recenti.

La trasparenza ateniese sui costi delle grandi opere. E un po’ di equità

Prima di procedere, sarà utile riepilogare brevemente la sequenza monetale con i suoi valori principali (non dimenticando che, anche questa, comporta differenze da una città all’altra del mondo greco). Partendo dal basso, abbiamo l’obolo che alla lettera significa spiedo (ricordo di una pratica di scambi precedente la nascita della moneta coniata), poi viene la dracma che vuol dire manciata (cioè quanti spiedi può impugnare una mano) pari a sei oboli, poi lo statere pari a due o a tre dracme, a seconda del sistema adottato. Da questo punto in poi, abbiamo i valori di conto, cioè valori che non corrispondono a moneta coniata (come il nostro milione, per esempio) che sono la mina pari a 100 dracme e il talento pari a 6000 dracme. Ma seguiamo il processo che porta alla esecuzione di un monumento; sull’acropoli di Atene si tratta soprattutto del Partenone e dell’Eretteo di cui possediamo informazioni rilevanti, in quanto la rendicontazione delle spese venne trascritta su marmo ed esposta, come esigeva la pratica del governo democratico, in modo che tutti i cittadini potessero essere informati sull’amministrazione del denaro pubblico.

All’inizio, la Città pubblica un bando con il quale annuncia la decisione presa dal Consiglio di costruire un dato monumento. Al bando rispondono gli architetti che presentano un progetto di massima, quasi uno schizzo. L’architetto che vince (lo chiamiamo il progettista) realizza un capitolato di spesa analitico gestito nella fase esecutiva da un gruppo coordinato da un architetto che chiamiamo capomastro. L’architetto-progettista viene pagato (non sappiamo quanto, ma, in almeno un caso, per sue inadempienze, ha dovuto pagare una salatissima multa). Architetto-capo mastro e operai specializzati ricevono una paga eguale, cioè una dracma al giorno (si tenga conto che un agnello o un mantello costavano 16 dracme, un paio di scarpe 8 dracme). Ma, mentre un operaio era pagato solo per il periodo in cui prestava la sua opera, in genere un mese (e dunque riceveva 30 dracme) il capomastro era pagato per tutto l’anno lavorativo con 300 dracme. A lavori conclusi una commissione speciale di supervisori valutava l’opera e controllava la correttezza delle spese.

Non dimentichiamo che, per attaccare Pericle politicamente, gli avversari trascinarono Fidia in tribunale accusandolo di per aver rubato parti dell’oro e dell’avorio di cui disponeva per realizzare la grande statua di Atena che fu collocata nel Partenone. Fidia si salvò emigrando.

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