“Quanti belli colori in quella nuvola. E quanta gente allegra!”. Il Molleggiato cantava proprio così, con la poetica sgrammaticatura, il brano intitolato “Un bimbo sul leone”, uscito nel lontanissimo 1968. Adriano Celentano ondeggiava e la Fiat 600 (1955-1969) era una delle utilitarie-simbolo dell’italica motorizzazione di massa.

Il riferimento ai colori non poteva starsene in letargo quando, all’interno della Pigna, grande azienda cartaria della Bergamasca, leader col 60% per cento del mercato nazionale dei quaderni, i manager della Fiat e della società di Alzano Lombardo hanno presentato un simpatico accordo di co-marketing. Intesa che vedrà le concessionarie del brand torinese e le cartolerie inondate con i quaderni, i bloc-notes e i pennarelli con le immagini della nuova Fiat 600 Hybrid. E proprio in onore del “potere dei colori”, la nuova 600 non è disponibile in grigio. Ottimo.

Con i suoi 4 metri e 17 centimetri di lunghezza, le quattro porte e il capiente bagagliaio da 385 litri, la 600 made in Tichy (Polonia) ha ben poco a che spartire con la sua antenata. Pure il prezzo è ovviamente disassato rispetto ai parametri degli anni Sessanta. Se allora bastava una manciata di stipendi di un impiegato per acquistarla, oggi di mensilità di salario ce ne vuole qualcuno in più, visto che il listino parte dai 25 mila euro scarsi per l’allestimento meno ricco e sfiora i 31 mila per la più sciccosa livrea La Prima. Prezzi che peraltro, quando arriveranno i previsti incentivi governativi , potrebbero scendere rispettivamente sotto i 19 mila euro e i 25 mila euro.

Spinta da un motore tricilindrico 1200 a benzina accoppiato al propulsore elettrico da 21 kiloWatt, con batteria a 48 volt, la 600 Hybrid è divertente da guidare senza essere naturalmente troppo assatanata. Per toccare i cento orari da ferma, ad esempio, ci mette 10 secondi e mezzo. La sua gemella elettrica – in vendita da qualche mese, ma in pochi se la sono filata… – ne impiega 9, di secondi. Secondo il costruttore consuma meno di 5 litri di benzina per percorrere 100 km. Pur essendo abbastanza alta, tanto che la Fiat la considera un B-Suv, nelle sterzate brusche regge bene, non risveglia affatto il ricordo della prima Classe A Mercedes, fiocinata al debutto dalla leggendaria prova dell’alce, ma poi capace di riprendersi alla grande. A proposito di capacità, per accendere e spegnere le luci interne e sufficiente sfiorare appena i tasti cosiddetti “capacitivi”. Un termine orribile ma, ahinoi, citato pure sulla Treccani online.

Qual è il pubblico di riferimento di questa belloccia erede della leggendaria utilitaria? Celiando ma non troppo, il managing director Giuseppe Galassi, dice di non saperlo davvero, perché può piacere un po’ a tutti. Potrebbe essere vero, dipenderà parecchio dal marketing e dalla politica commerciale, giacché di rivali tra il segmento B-Suv la 600 Hybrid ne ha diversi anche in casa, dove abbondano marche e modelli e la “sorellicida” potenziale più ingombrante appare la Jeep Avenger.

Il cambio automatico dispone delle consuete palette al volante e si passa da P/R/D/N schiacciando dei pulsanti sotto il display, tasti che al primo sguardo possono essere scambiati per i comandi dell’autoradio. La soluzione consente di avere un sacco di spazio nel vano del tunnel.

Colorata, allegra, bene in vista sui quaderni Monocrome della Pigna, alla 600 Hybrid tocca ora saggiare il mercato. Rilevante, per partire col piede giusto, come detto è il varo degli incentivi. L’armocromia, anche grazie alla… discesa in campo di Elly Schlein, sta esaltando il ruolo del colore nella società italiana. Ma senza i clienti/acquirenti, è un attimo passare dai tanti “belli colori” di Celentano alla Springsteeniana “Darkness on The Edge of Town”. Che, per inciso, è una delle canzoni predilette di Don Winslow, lo scrittore americano anti-Trump che di oscurità se ne intende parecchio.

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