Non sono solo i ritardi, ormai conclamati, a pesare fortemente sulle ambizioni del principe ereditario saudita Mohammad bin Salman legate all’edificazione della megalopoli Neom. A distanza di anni dall’annuncio e dopo diverse denunce, sull’eco-progetto da 500 miliardi piombano ora le denunce di un ex colonnello dell’intelligence saudita, direttamente implicato nella progettazione della futuristica città chiamata “The Line”. Il suo nome è Rabih Alenezi e, per questioni di sicurezza personale, dal 2023 vive in esilio nel Regno Unito. Nel corso della sua attività professionale si è più volte espresso contro il governo di bin Salman, che gli aveva affidato importanti missioni di coordinamento e sicurezza per la costruzione di Neom. Questo gli è costato il titolo di dissidente e un numero elevato di minacce che l’hanno costretto a lasciare il suo paese contribuendo ad alimentare il dibattito su quanto sta accadendo attorno ai piani oscuri della monarchia saudita.

Neom ha un’importanza cruciale per la visione politica di bin Salman. Si tratta di una futuristica megalopoli all’insegna di sostenibilità e artificialità, a tratti utopistica, da costruire in un’area grande quanto il Belgio che si trova in pieno deserto, nell’estremo nord-ovest del paese. Il piano, presentato per la prima volta nel 2016 insieme a Saudi Vision 2030, è uno dei punti cardine su cui il principe ereditario vuole rendere il paese non più legato solamente all’estrazione di petrolio, ma fondato su un’economia diversificata e con un profondo slancio di avanguardia verso il futuro.

The Line è uno dei principali pilastri del progetto complessivo. Si tratta di una città con una superficie alquanto anomala, progettata infatti per avere una larghezza di soli 200 metri e una lunghezza di 170 chilometri. Nelle idee iniziali del management era previsto che venisse completata e resa abitabile entro il 2030, ma secondo alcune stime recenti solo 2,4 chilometri saranno effettivamente pronti entro quella data. Recentemente la Bbc ha raccolto un insieme di testimonianze del colonnello Alenezi che non lasciano spazio a interpretazioni: le modalità con cui il governo saudita sta gestendo lo sgombero del territorio che sarà destinato a The Line sono quelle dello sgombero forzato e indiscriminato. E chi si oppone e protesta rimanendo nella propria abitazione rischia la morte. Proprio com’è accaduto ad Abdul Rahim al-Huwaiti, un abitante della regione di Tabuk diventato famoso perché ucciso a colpi di pistola dopo essersi rifiutato di consentire la valutazione della sua proprietà e di abbandonare il proprio territorio.

Gli sgomberi, secondo quanto riferito da Alenezi, riguardano principalmente alcuni villaggi abitati dalla tribù Huwaitat, che da moltissimi anni vive stabilmente nella regione. Nei confronti di chi si fosse opposto all’abbandono del proprio territorio le autorità saudite hanno auspicato e ordinato un “utilizzo letale della forza” finalizzato all’eliminazione fisica, un fatto che ha convinto l’ex colonnello ad assentarsi prima di prendere parte alla missione e a denunciare tutto. Nelle immagini analizzate dalla Bbc, emerge che nell’insieme dei villaggi presi di mira dalle autorità non sia stato risparmiato nulla: case, scuole e ospedali sono stati rasi al suolo per fare spazio a quello che Alenezi definisce “il fulcro delle idee di Bin Salman”.

D’altronde quella di Alenezi non è di certo la prima voce di denuncia su Neom che assume rilevanza internazionale. L’ALQST, un gruppo che si batte per la tutela dei diritti umani in Arabia Saudita, stima che siano in totale più di 6mila le persone sgomberate per far spazio ai cantieri, mentre circa cinquanta sarebbero gli abitanti dei villaggi arrestati con accuse di terrorismo per essersi opposti al progetto. Nel 2023, inoltre, era stata l’Onu a porre l’attenzione su Neom con i suoi esperti in materia di diritti umani. In un report pubblicato nel mese di maggio si esprimeva “preoccupazione” per la sorte di tre membri della tribù Huwaitat che avrebbero dovuto ricevere un’imminente condanna a morte per aver resistito agli sgomberi forzati e altrettanti membri condannati a pene esemplari per gli stessi motivi.

Nel report, oltre a sottolineare la frequente scarsità delle compensazioni monetarie riservati ai cittadini sgomberati, si invitavano anche le numerose “aziende ed investitori stranieri” che contribuiscono al progetto, molte delle quali occidentali, “a garantire che non stiano causando, contribuendo o non siano direttamente collegate, a gravi violazioni dei diritti umani”. Alla costruzione di Neom contribuirà, fra gli altri, anche il gruppo italiano WeBuild con un contratto dal valore di 4,7 miliardi di dollari. La multinazionale si occuperà infatti di realizzare la rete ferroviaria ad alta velocità che collegherà Oxagon, un complesso industriale galleggiante, con The Line e Tojena, la futura meta sciistica dell’Arabia Saudita a cui WeBuild parteciperà costruendo tre dighe che alimenteranno un lago di acqua dolce che farà parte del complesso.

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