Pasquale Napolitano, cronista del quotidiano Il Giornale, è stato condannato a otto mesi di carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Come riporta il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, il giornalista è finito a processo per un articolo sull’Ordine degli avvocati di Nola pubblicato per il sito Anteprima24 ad aprile 2020. Quattro anni più tardi, il giudice monocratico del tribunale di Nola (quindi un altro avvocato) lo ha condannato al carcere e a una multa da 6.500 euro. Pena sospesa per le attenuanti generiche, quindi Napolitano non andrà in prigione. Al di là del merito della vicenda, però, la sentenza riapre il dibattito sul carcere per i giornalisti in Italia, ad oggi previsto dall’articolo 595 del codice penale. Un mese fa, Fratelli d’Italia aveva anche provato ad aumentare le pene e prevedere fino a 4 anni e mezzo di carcere per i giornalisti condannati per diffamazione. Una proposta poi ritirata tre le polemiche.

La maggioranza però non riesce a trovare una quadra e allineare le norme a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, che nel 2021 dichiarò illegittimo l’articolo 13 della legge sulla stampa proprio perché prevedeva il carcere, in contrasto con la giurisprudenza della CEDU che nel caso di Alessandro Sallusti condannò l’Italia perché al giornalista si comminò una pena detentiva (poi commutata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano). Nel suo editoriale, proprio Sallusti assolve i “governanti” e se la prende con i magistrati. Invece secondo Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, la condanna al cronista Napolitano “è la goccia che fa traboccare il vaso di una normativa che non sta più in piedi“. “È necessario comprendere che l’uso strumentale delle azioni giudiziarie contro i giornalisti (penali e civili) colpisce tutta la stampa, al di là dei suoi orientamenti. Attenzione, non si può però abolire il carcere e inasprire le pene pecuniarie colpendo, in particolare, i cronisti più deboli. Serve una riforma che tuteli la libertà di informazione, che non è una prerogativa dei giornalisti ma un diritto di tutti i cittadini e un architrave della democrazia”, aggiunge Bartoli.

“Assistiamo ad una sinistra sempre scatenata a denunciare un inesistente bavaglio del centrodestra alla stampa, ma silente quando a essere condannato è un giornalista non appartenente alla propria area politico-culturale”, ha dichiarato il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati, Tommaso Foti. In realtà al cronista è arrivata solidarietà bipartisan. Anzi, tra le prime reazioni politiche, c’è quella del leader dei 5 stelle, Giuseppe Conte, che ricorda appunto come il centrodestra al governo stia ostacolando una legge che abolisca il carcere per i giornalisti. “Pasquale Napolitano è un giornalista de ‘Il Giornale’ che ho avuto modo di conoscere per i suoi retroscena mai teneri con il Movimento 5 Stelle e anche per il suo lavoro giornalistico fra territorio e siti di informazione online. Mi preoccupa fortemente apprendere oggi di una condanna addirittura al carcere per la vicenda collegata a un suo articolo su un sito online. Gli esprimo la mia solidarietà“, scrive Conte sui social. “Non ho letto l’articolo in questione – aggiunge -, ma non è questo il punto. Ritengo il carcere per i giornalisti qualcosa di totalmente inaccettabile. Per questo contrastiamo le proposte di parlamentari di maggioranza e non solo che continuano ad andare in questa direzione“, sottolinea Conte. Dalle opposizioni interviene anche il senatore Walter Verini, segretario commissione Giustizia e Capogruppo Pd in Antimafia: “In un Paese democratico non può esistere il carcere per i giornalisti, che in Italia, retaggio del Codice Rocco, esiste ancora. E questo nonostante i richiami dell’Europa e i pronunciamenti della Corte Costituzionale. Non esprimiamo solo solidarietà al giornalista, ma chiediamo che la maggioranza, oltre a fare dichiarazioni un po’ farisaiche come quella di Foti, sblocchi la legge sulla diffamazione a mezzo stampa, in Commissione Giustizia al Senato, che deve prevedere e prevede l’abolizione del carcere ai giornalisti e il contrasto alle querele temerarie, intimidatorie contro la stampa e i giornalisti”.

L’articolo e la condannaPasquale Napolitano, cronista nolano 42enne, ad aprile 2020 scrive un articolo per Anteprima24, sul Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola, raccontando la vicenda del presidente rimasto fino a quel momento in carica nonostante il mancato appoggio della maggioranza dei consiglieri. Una curiosità. Un articolo di appena 12 righe. Nei giorni successivi, ricostruisce Il Giornale, Napolitano pubblica anche la lettera di alcuni consiglieri e un’altra lettera firmata dal presidente, garantendo il diritto di replica. Viene comunque querelato dal presidente stesso e da tre consiglieri. Lo scorso 7 maggio è arrivata la condanna da parte del giudice onorario del tribunale di Nola, quindi un avvocato momentaneamente sospeso dalla sua professione per svolgere il ruolo di giudice monocratico.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Liguria, dopo l’arresto di Toti le opposizioni chiedono le dimissioni in Consiglio regionale: “Scoperchiato un sistema di potere malato”

next
Articolo Successivo

Ponte sullo Stretto, il ministro Pichetto Fratin: “Tre mesi di indagini? Non è un ulteriore ritardo, non metteranno in discussione i lavori”

next