Fine dei giochi: il redditometro, risorto ieri, è già sepolto. “Oggi ho incontrato il viceministro Leo, ci siamo confrontati sui contenuti” del decreto ministeriale sul redditometro e “siamo giunti alla conclusione che sia meglio sospendere” il provvedimento “in attesa di ulteriori approfondimenti”. Così Giorgia Meloni in un video diffuso sui social ha messo la parola fine (e una pezza) sul decreto ministeriale che rischiava di fare esplodere la maggioranza. “Il nostro obiettivo è e rimane quello di contrastare la grande evasione e il fenomeno inaccettabile, ad esempio, di chi si finge nullatenente ma gira con il Suv, o va in vacanza con lo yacht, senza però per questo vessare con norme invasive le persone comuni”, ha aggiunto la premier, omettendo che proprio a quello serve lo strumento. Nemmeno il tempo di festeggiare la ritrovata armonia e già la Lega si affrettava a mettere il cappello su un ulteriore passo in avanti che chiede il superamento dello strumento nella sua interezza. Ha avuto il libera dell’Aula della Camera, infatti, l’ordine del giorno leghista al dl superbonus che chiede di “chiarire la portata del decreto ministeriale” pubblicato in Gazzetta “confermando il superamento del redditometro”. L’odg ha avuto parere favorevole del governo con riformulazione ed è stato sottoscritto anche da FdI. Espunta la parte che faceva riferimento alla “preoccupante risonanza mediatica intorno a una vecchia visione del rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria basata su accertamenti presunti ed elementi indiziari a prescindere da dati certi”.

Già in mattinata la presidente del Consiglio aveva preannunciato il siluramento del provvedimento, spuntato “all’improvviso” a poche settimane delle elezioni europee, generando 24 ore di caos di nella maggioranza . Affidandosi sempre ai social la premier era stata categorica: “Mai nessun grande fratello fiscale sarà introdotto da questo Governo. Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune“. Una posizione subito rilanciata dal il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani che ha affermato: “Il redditometro non funziona: è uno strumento obsoleto e superato che piace alla sinistra e crea un sacco di contenziosi. Farò di tutto perché venga abolito. Al prossimo Consiglio dei ministri presenterò la proposta di abrogarlo. Ne parlerò con Leo e ne chiederò l’abolizione”.

Eppure, in un’intervista al Corriere della Sera, Maurizio Leo aveva ribadito che l’introduzione del redditometro “Era un atto dovuto, un provvedimento su cui si è soffermata la Corte dei Conti, che sottintendeva anche un possibile danno erariale per la mancata adozione dei criteri induttivi, sospesi dal 2018, utilizzabili per il redditometro”. Martedì Leo aveva ricordato come la norma fosse attesa “da sei anni” e che è stata “preventivamente condivisa con le associazioni dei consumatori, l’Istat e il garante per la privacy“.

“Sul redditometro siamo al solito disastro di un governo che si divide”, aveva commentato nel pomeriggio la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. “Il governo si è diviso oggi sul redditometro, su cui smentiscono le cose che hanno sempre detto, e l’ha fatto ieri e lo farà probabilmente domani su questo condono edilizio che sarebbe il numero 19 da quando sono al governo, di fatto uno al mese di media”, ha aggiunto. “Pensiamo che sia gravissimo che sulla casa non abbiano mai fatto nulla, mentre le studentesse e gli studenti non riescono a pagare gli affitti e uscire di casa”.

“Il redditometro è sempre stato uno strumento residuale, utilizzato solo quando l’amministrazione finanziaria non ha alcun elemento per ricostruire il reddito di un contribuente, come nel caso degli evasori totali che non hanno presentato la dichiarazione, non hanno redditi, ma dimostrano di avere una significativa capacità di spesa”, rimarca comunque il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, durante un evento pubblico.

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