Diciannove marzo 1994, Casal di Principe, ore 7:20 del mattino. La chiesa di San Nicola è insolitamente affollata. Le panche della parrocchia sono occupate da decine di persone raccolte in preghiera. Recitano il rosario. La giornata è di festa: san Giuseppe. In compagnia di un suo amico, un prete esce dal proprio studio per giungere all’altare. Da lì a poco avrebbe celebrato la prima messa della giornata. In quei momenti di assoluta calma, un uomo varca le porte della chiesa, si avvicina all’altare e chiede chi dei due sia don Peppe. Quando il prete risponde ‘sono io’, l’uomo estrae la pistola ed esplode quattro colpi verso il prete, che si accascia sul pavimento della chiesa. Tutti i presenti impallidiscono. Il killer volge le spalle al corpo senza vita del parroco e se ne va. Don Peppe Diana, il prete della parrocchia di San Nicola, è morto, ucciso dalla camorra di Casal di Principe. A trent’anni da quell’efferato omicidio, Rai3 presenta al grande pubblico il documentario “Solo per amore. Il coraggio di don Peppe Diana”, in onda giovedì 16 maggio in seconda serata.

Loft Produzioni, Officina della Comunicazione e Matteo Billi, rispettivamente co-produttori e autore del docufilm – realizzato in collaborazione con Rai Documentari con la regia di Simone Manetti – raccontano, anche attraverso le voci di familiari e amici di don Diana, la straordinaria storia di un uomo che, anche dopo la morte, continua a ispirare giovani e meno giovani al cammino verso la legalità.

Don Peppe Diana non era un prete comune. In un territorio, il casertano, oppresso dalla cappa mafiosa, in una città vittima di una cruenta e sanguinosa guerra tra clan, dove il terrore dei cittadini poteva essere sintetizzato nella domanda “chi hanno ammazzato oggi?”, don Diana era un faro di speranza per tutta la comunità. Quando non doveva celebrare, ricordano gli amici, girava le scuole del territorio per parlare con i ragazzi, mentre durante le sue messe dedicava intere omelie alla lotta alla camorra. Negli anni ha raccolto intorno a sé una grande famiglia di giovani, strappando alla strada generazioni di ragazzi e prospettando loro un futuro libero dalla criminalità, piantando allo stesso tempo futuri germogli di legalità.

La sorella Marisa lo ricorda così: “Don Peppe viveva come guidava: da pazzo, dinamico. Non stava fermo un minuto”, mentre alla madre preoccupata, il figlio rispondeva con un sorriso: “Io ho il colletto bianco, a me non fanno niente”.

La volontà di don Diana è scritta nero su bianco nel documento “Per amore del mio popolo” con il quale il sacerdote richiamava politica, chiesa, giovani e l’intera società civile a uno scatto di dignità contro il terrore della camorra. Un testo che ancora oggi, a distanza di trent’anni dalla sua scomparsa, guida la comunità di Casal di Principe e tutti i Casalesi onesti perché, come gridano in coro i movimenti anti camorra, “non lo avete ucciso. Lo avete moltiplicato”.

di Carmelo Rosa

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