Dopo aver messo a duro rischio la sopravvivenza della corona inglese, la biografia di Harry, Il Minore, adesso rischia di mettere a repentaglio la sua stessa permanenza sul suolo americano; un boomerang entrato anche in piena campagna elettorale, con Donald Trump già all’attacco. I fatti: negli Stati Uniti un Think Tank (molto) conservatore ha messo sotto processo il permesso di soggiorno del duca del Sussex che, stando alle leggi vigenti, sarebbe incompatibile con le rivelazioni contenute nel libro sulle sue passate abitudini in fatto di consumo di droghe. La vicenda in questi giorni è al vaglio di un tribunale di Washington che, ad oggi, non ha ancora reso pubblici gli atti relativi alla domanda presentata dal principe ribelle nel 2020. Fatto indubbio è che l’uso di droghe ammesso da Harry nella sua biografia sarebbe incompatibile con le rigide regole americane e per questo lui non avrebbe dovuto ottenere alcun visto, da qui l’accusa che teorizzerebbe un ingresso illegale nel Paese, perché privo dei requisiti necessari.

La Heritage Foundation, il Think Tank che ha avviato la causa, ha chiesto al dipartimento della Sicurezza Interna del governo la pubblicazione della documentazione relativa alla pratica, giudicata “di alto interesse pubblico” senza ricevere risposta. Il punto è stabilire l’appropriatezza delle dichiarazioni rese dal duca del Sussex all’immigrazione, mentre nel suo libro parlava apertamente del consumo di marijuana, cocaina e funghi allucinogeni e se, alla luce di questa evidenza, il governo abbia “glissato” su questi passaggi della biografia, lasciando ad un Harry un “trattamento privilegiato”.

Venerdì, nell’udienza che si è tenuta a Washington, il governo americano ha nuovamente rifiutato, spiega il Times oggi, di pubblicare la domanda presentata a suo tempo dal principe senza rispondere, così, alle insinuazioni della Heritage Foundation, che non avrebbe accettato la tesi della difesa secondo la quale “le confessioni rese in un libro non rappresenterebbero una prova del fatto che lui abbia assunto quelle droghe” e che “la storia potrebbe essere stata abbellita per vendere più copie”. Parole rese chiaramente da John Bardo, legale presso il Dipartimento per la Sicurezza Interna del governo che, sempre secondo quanto riportato dal Times, davanti alla corte avrebbe anche aggiunto che: “Dire qualcosa in un libro non lo rende necessariamente vero”, aggiungendo che ci sarebbero state molte altre strade, aperte legalmente, per permettere ad Harry di entrare negli Stati Uniti. Un visto diplomatico, ad esempio, visto che Harry resta di fatto un “funzionario del governo britannico” in quanto membro della famiglia reale e quinto in successione per il trono.

E qui entra in gioco la politica. Secondo l’accusa, Biden e la sua amministrazione avrebbero aiutato Harry chiudendo un occhio e “combattendo al suo fianco” per proteggere la sua privacy, negando la diffusione dei documenti richiesti nonostante si tratti di una figura pubblica e di un caso di pubblico interesse. Su questo asset, Donald Trump, sempre più probabile candidato alla presidenza per i repubblicani, è entrato a gamba tesa. Forte delle sue passate ruggini con i Sussex, ha colto la palla al balzo per dire la sua e lo ha fatto parlando a margine della conferenza Conservative Political Action rivolgendosi all’Express e promettendo battaglia. “Io non lo proteggerò” ha scandito Trump aggiungendo che uno dei motivi per cui non sarà clemente (qualora eletto) è legato alla totale mancanza di rispetto che Harry avrebbe dimostrato nel confronti della regina Elisabetta. “Ha tradito la regina e questo è imperdonabile” ha scandito aggiungendo che il suo futuro governo, a differenza di quello in carica, non starà dalla sua parte. Certo, non va dimenticato il sostegno di Meghan Markle per Hillary Clinton, all’epoca della prima elezione di Trump nel 2016, così come la lunga lista di Vip e personaggi dello spettacolo che l’ex presidente ha messo nel suo libro nero: una su tutte: Taylor Swift.

TRUMP POWER

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