È competente il Tribunale di Milano per il processo sul cosiddetto falso complotto Eni che vede tra gli imputati l’avvocato Piero Amara e il suo ex collaboratore Giuseppe Calafiore, l’ex manager Vincenzo Armanna e l’ex capo degli Affari legali Massimo Mantovani, entrambi licenziati dal gruppo, e l’ex numero tre Antonio Vella. È la decisione della Cassazione dopo le questioni di competenza territoriale sollevate da alcune difese e dopo l’udienza che si è tenuta ieri davanti alla Suprema Corte. Il processo si aprirà il prossimo 22 febbraio davanti alla III sezione penale di Milano, come deciso dal gup Cristian Mariani, che ha rinviato a giudizio tutti gli imputati lo scorso dicembre e che aveva trasmesso gli atti nei mesi scorsi alla Cassazione.

I reati contestati, a vario titolo, ai 12 imputati persone fisiche sono associazione per delinquere, induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, truffa e calunnia. Tra le parti civili figurano l’Eni, l’ad Claudio Descalzi, il capo del personale Claudio Granata, i due manager Lorenzo Fiorillo e Massimo Insulla, assistiti dai legali Paola Severino, Fabio De Matteis ed Enrico De Castiglione, e Luca Santa Maria, che fu difensore di Armanna.

Le difese avevano sostenuto che il processo dovesse essere trasferito a Brescia, oppure essere trasmesso a Roma o a Potenza. La Procura di Milano a inizio 2023 aveva chiuso nuovamente le indagini, iniziate nel 2017, sulla vicenda del cosiddetto falso complotto, dopo che il fascicolo, già chiuso una prima volta nel dicembre 2021, era passato per competenza a Brescia e poi era tornato ancora nel capoluogo lombardo. Descalzi e Granata sono parti civili in un’imputazione di calunnia contestata ad Amara e Armanna, quest’ultimo che fu grande accusatore dei vertici nel processo sul caso Eni-Shell/Nigeria, finito poi con 15 assoluzioni definitive.

Amara avrebbe cospirato con dieci fra avvocati ed ex vertici del colosso per “inquinare” le inchieste milanesi per corruzione Eni-Nigeria e Saipem-Algeria, anche quest’ultima finita con una assoluzione. Avrebbero complottato per creare fascicoli “specchio” attraverso esposti anonimi per acquisire informazioni e inquinare prove dei processi milanesi nelle Procure “controllate” da Amara di Trani e a Siracusa.

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