Per decenni hanno lavorato a contatto con i Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche che una volta assorbite dall’organismo non scompaiono più. Tre dipendenti sono deceduti, altri 18 sono stati colpiti da patologie di diversa natura, aumento del colesterolo e perfino tumori. Ma non vi sarà processo per nessuno dei casi riscontrati tra i lavoratori della Miteni, la fabbrica di Trissino (Vicenza) accusata in un altro procedimento penale di disastro ambientale per gli sversamenti nella falda che scorre nel sottosuolo veneto. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di Vicenza, Roberto Venditti, accogliendo la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica nei confronti di 19 dirigenti e del medico aziendale.

Le motivazioni sono state notificate a difensori e avvocati di parte civile. L’inchiesta era nata da un esposto presentato dalla Cgil, mirato alla ricerca di responsabilità per i danni alla salute dei lavoratori e la mancanza di adeguati accorgimenti di sicurezza e protezione. Il giudice ha ritenuto prescritti tutti i reati commessi prima dell’aprile 2016, ma “anche dopo tale data sono comunque da ritenere superflui i motivi di un giudizio per la gran parte dei reati di lesioni personali colpose e omicidio colposo non prescritti”. Si tratterebbe di soli due casi, sui 21 totali indicati nel capo di imputazione.

Il gip ha ripercorso la strada tracciata dalla Procura basata essenzialmente sull’assenza di certezze della scienza in materia di correlazione tra i vari tipi di Pfas e patologie umane. “La maggior parte degli studi – scrive il magistrato – non sono ancora giunti ad affermare l’esistenza di un nesso eziologico con specifiche patologie, è venuta meno la relazione di causa ed effetto, anche se sono stati individuati possibili alterazioni di funzionalità epatica, aumento dei livelli di colesterolo indicativi di possibile ipertensione, problemi in gravidanza, riduzione delle risposte degli anticorpi e dei vaccini”. Il giudice ha valorizzato le conclusioni della sorveglianza del medico aziendale (indagato) che per 30 anni ha tenuto sotto osservazione i lavoratori e che “escludeva fossero emerse evidenze di alterazioni significative nei valori renali epatici e ormonali, dando invece atto di una significativa associazione tra livelli di Pfas, colesterolo e acido urico”.

Ma questo non è bastato, nonostante il giudice abbia definito “ragionevole la prospettiva accusatoria secondo cui le misure di sicurezza nell’ambiente di lavoro sarebbero state inadeguate e vi sia stata una sottostima dei rischi da esposizione alle sostanze Pfas”. Nelle consulenze tecniche non ha infatti trovato sufficienti prove, salvo quelle di una correlazione tra concentrazioni di sostanze perfluoroachiliche nel sangue e aumento di colesterolo e trigliceridi, evidenziate dalla perizia di Girardi, Rosina e Merler. Il giudice ha escluso l’esistenza di una prova certa che possa aver causato tre decessi e otto casi di supposte lesioni colpose. In altri dieci casi, “una possibile concorrenza non potrebbe essere provata in sede di giudizio con concrete prospettive di condanna”. Così l’indagine finisce in archivio.

Amareggiato il commento di Giampaolo Zanni, segretario generale della Cgil di Vicenza: “I lavoratori nel sangue avevano e hanno valori altissimi, i più alti al mondo, di Pfas. Lo abbiamo denunciato, chiedendo di accertare le responsabilità dei dirigenti aziendali e delle multinazionali. Oggi è una giornata triste per i lavoratori e la giustizia. L’archiviazione significa impedire l’accertamento dei fatti. I dipendenti, rassicurati dai dirigenti e dal medico aziendale, hanno lavorato per anni sostanze nocive che si sono accumulate nei loro corpi, a danno della loro salute”. Poi ha concluso: “Sempre più studi fanno emergere la nocività dei Pfas per la salute umana, di cui si chiede la messa al bando nel mondo. Leggeremo le motivazioni, poi decideremo come proseguire nella battaglia per far emergere la verità su quanto è accaduto alla Miteni.

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