Il confronto economico è imbarazzante: film porno dal “valore” totale di 67 sterline contro 2,7 milioni di prestito Covid ricevuti dallo Stato e non rimborsati. Eppure l’allora ministra inglese Jacqui Smith rassegnò le dimissioni nella primavera 2009, nonostante quegli acquisti in pay-per-view li avesse fatti il marito. Mentre Daniela Santanchè difende strenuamente il suo posto al ministero del Turismo, nonostante le accuse emerse nelle inchieste del Fatto e di Report per la mala gestione delle sue aziende Ki Group e Visibilia, in cui si parla anche di case al Pantheon, auto di lusso, infrazioni e multe non pagate. In Italia, d’altronde, le dimissioni di un ministro sono un’autentica rarità. Tutto il contrario avviene nei Paesi nostri vicini: in Germania, ad esempio, bastano un’accusa di plagio nella tesi di laurea o una semplice bugia sulle proprie vacanze per portare a rimettere il proprio incarico. In Francia, spese private messe a carico dei contribuenti non sono proprio tollerate: nel luglio 2019 Francois de Rugy è costretto a dimettersi da ministro dell’Ambiente dopo l’inchiesta di Mediapart sulle sue cene a base di aragoste e grandi vini pagate con soldi pubblici. Senza dimenticare l’addio di ben tre ministri nel 2017 per aver fatto lavorare per il loro partito a Parigi alcuni assistenti parlamentati pagati dal parlamento europeo.

L’intransigenza francese
Francois de Rugy ha fatto le spese in prima persone dell’intransigenza francese di fronte all’utilizzo illecito di fondi pubblici. Le accuse a suo carico emergono quando è ministro, ma riguardano il periodo da presidente dell’Assemblea nazionale: Mediapart racconta di una decina di cene lussuose da lui offerte fra l’ottobre 2017 e il giugno 2018 quando è presidente della Camera bassa del parlamento, a cui partecipano anche parenti e amici. In particolare una foto con un’aragosta segna l’opinione pubblica e lo porta a lasciare il suo incarico. Una relazione interna dell’Assemblea nazionale conclude che quelle cene non violano “alcuna regola“, ma sono comunque inopportune perché a “carattere familiare, amichevole ed eccessivo“, quindi “non avrebbero dovuto essere dedotte dalle spese”. De Rugy nel frattempo si ritira dalla vita politica.

Un anno prima delle dimissioni di de Rugy, è la ministra dello Sport Laura Flessel il 4 settembre 2018 a presentare le sue dimissioni per “motivi personali”. In realtà emerge che l’ex campionessa di scherma ha omesso di presentare nella sua dichiarazioni dei redditi i guadagni derivanti da una società di diritti d’immagine. Si parla di una cifra che non supera le decine di migliaia di euro. Creano ancora più scandalo in Francia le dimissioni di massa del giugno 2017: lasciano la ministra della Difesa Sylvie Goulard, il ministro della Giustizia Francois Bayrou e la ministra degli Affari europei Marielle de Sarnez. Il motivo è lo stesso per tutti e tre: il loro partito MoDem, non avendo nella scorsa legislatura eletto deputati nazionali, ma solo eurodeputati, usava gli assistenti parlamentati pagati dall’Ue a Parigi. Intollerabile per l’elettorato francese. Così come la decisione del ministro dell’Interno Bruno Le Roux di assumere le sue figlie minorenni come assistenti parlamentari, con contratti a tempo determinato. Le due ragazze tra il 2009 e il 2016 hanno guadagnato in totale 55mila euro. Quando il caso è emerso nel marzo 2017, Le Roux ha dovuto dimettersi in meno di 24 ore.

La severità tedesca
Se i francesi sono intransigenti, la nota severità tedesca non è da meno anche in politica. L’ultima a sperimentarlo sulla sua pelle solo un anno fa è Anne Spiegel, che si deve dimettere da ministra della Famiglia per una vicenda tirata fuori dalla Bild che risale al 2021, quando è ministra della Renania Palatinato e pochi giorni dopo l’alluvione che colpisce il suo Land decide di andare in vacanza con i suoi figli. Non si è dimessa per questo, ma per aver detto una bugia: di fronte alle critiche, Spiegel sostiene inizialmente di aver comunque partecipato alle riunioni anche dalle ferie. Si scopre poi che non corrisponde al vero. D’altronde siamo in Germania, il Paese dove si può dimettere anche il presidente della Repubblica. Succede nel 2012, quando Christian Wulff viene accusato di alcuni favori ad imprenditori amici. Lui lascia il ruolo di Capo dello Stato, dichiarandosi innocente. Il 27 febbraio 2014 viene assolto dal Tribunale di Hannover.

Sempre in Germania, solo negli ultimi 13 anni, ben tre ministri si sono dimessi per le accuse di plagio nelle loro tesi. Il primo è nel 2011 il ministro della difesa Karl-Theodor zu Guttenberg. Nel 2013 tocca alla ministra dell’Istruzione, Annette Schavan, accusata di aver copiato la tesi di dottorato. Nel maggio 2021 è la ministra della Famiglia Franziska Giffey ad annunciare le sue dimissioni dopo le accuse di plagio. Evidenti le differenze con il caso di Marianna Madia, ministra della pubblica amministrazione nei governi Renzi e Gentiloni, che nel 2017 viene accusata di aver copiato parti della sua tesi ma rimane al suo posto. In Germania l’ultimo caso è invece quello di Christine Lambrecht, che lascia il suo incarico al ministero della Difesa a inizio 2023: tra le critiche che la portano a mollare, anche una che riguarda un viaggio con il figlio a bordo di un elicottero militare. Nonostante quel volo sia stato pagato personalmente dalla stessa ministra, senza usare soldi pubblici, non è stato digerito dall’opinione pubblica tedesca.

Gli scandali inglesi
C’è sempre un parente, ma in questo caso è il marito, al centro di uno degli scandali più celebri della politica inglese. Nel 2009 la ministra dell’Interno britannico, Jacqui Smith, si deve dimettere per alcuni film porno a pagamento finiti “erroneamente” nella lista delle richieste di rimborso spese compilate da Smith per il dicastero. Pellicole costate cinque sterline ciascuna (il pacchetto costava in tutto 67 sterline) e comprate dal marito Richard Timney, assistente della ministra, mentre lei era impegnata a Londra. Dopo lo scandalo politico, nel 2020 la stessa Jacqui Smith annuncia di aver ufficialmente divorziato da Timney.

Un’altra vicenda che provoca giorni di polemiche e titoli sui giornali è quella che nel 2014 riguarda la ministra della Cultura, Maria Miller. Il suo passo indietro arriva il 9 aprile, nonostante la restituzione di 5.800 sterline al ministero del Tesoro, per non aver dichiarato in modo corretto alcuni rimborsi spese, e le scuse in parlamento, come ordinato da una commissione ad hoc. A Londra le dimissioni più recenti sono invece di appena tre mesi fa: l’ormai ex vicepremier e ministro della Giustizia Dominic Raab lascia dopo le accuse di comportamento aggressivo e “bullismo” nei confronti di alcuni sottoposti emerse in un rapporto interno da lui stesso commissionato. “Ha respinto tutte le accuse mosse contro di me, tranne due”, si difende Raab, che comunque decide di lasciare perché ha il “dovere di accettare l’esito dell’inchiesta”.

Gli altri casi in Europa
Altri esempi di ministri che si dimettono per via di inchieste e scandali si trovano anche nella storia recente spagnola. Il governo di Pedro Sánchez nel settembre 2018 deve accettare l’addio della ministra della Salute, Carmen Montón, dopo che una cascata di articoli fa emergere irregolarità, falsificazioni e plagi nel suo master ottenuto all’Università Rey Juan Carlos. Montón comunica le sue dimissioni in seguito alla notizia che 19 delle 52 pagine della sua tesi di laurea sono copiate. Nel 2000 sempre in Spagna Manuel Pimentel lascia il posta da ministro del Lavoro quando si scopre che la moglie di un suo amico direttore generale delle migrazioni al dicastero era titolare di una società di formazione che beneficiava di fondi pubblici. Più recente il caso di José Manuel Soria: nell’aprile 2016 si dimette da ministro dell’Industria per i suoi legami con una serie di società registrate in diversi paradisi fiscali.

Guardando sempre ai Paesi europei, non mancano solo nell’ultimo anno esempi di ministri che lasciano non appena emergono irregolarità che li riguardano, senza difese a oltranza, fuori e dentro il Parlamento, e accuse di dossieraggio. In Romania lo scorso settembre il ministro dell’Istruzione Sorin Cimpeanu si dimette per le accuse di plagio relative a una pubblicazione accademica del 2006, quando era professore presso la facoltà di agronomia di Bucarest. Cimpeanu dichiara di aver presentato le dimissioni agendo di “propria iniziativa“, senza nemmeno aspettare che sia qualcuno a chiederle. In Portogallo a dicembre si dimette invece il ministro delle Infrastrutture, Pedro Nuno Santos. La sua mossa è la conseguenza della polemica scoppiata attorno alla liquidazione da mezzo milione di euro che la compagnia aerea nazionale Tap ha versato sul conto della sottosegretaria al Tesoro Alexandra Reis. Secondo le accuse, il ministero delle Infrastrutture non poteva non sapere di quel versamento. Così, nel giro di poche ore, sia il sottosegretario Hugo Santos Mendes che il ministro lasciano il loro incarico.

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