“La politica ha quasi sempre le mani sporche di sangue. Io valuto che piazza Fontana sia stata una cosa terribile per il nostro Paese, ma c’è stata una precisa scelta politica di fare una strage. Non posso dire chi l’ha decisa, perché non c’è nessuna sentenza che autorizza a dirlo”. Lo scrive Gaetano Pecorella, uno dei più noti avvocati italiani, già legale di Silvio Berlusconi, per 17 anni parlamentare del centrodestra, che la strage del 12 dicembre 1969 a Milano l’ha vissuta in molteplici vesti: da giovane praticante vicino all’estrema sinistra di quegli anni, da legale di parte civile al processo di Catanzaro, da difensore dell’imputato Delfo Zorzi in un processo milanese di molti anni dopo. La sua è una delle tante voci autorevoli raccolte da Luigi Lusenti e Fabio Sottocornola nel libro 12 dicembre1969-La perdita dell’innocenza, pubblicato da Calibano. Non è un libro inchiesta, ma una raccolta di testimonianze e riflessioni sulla bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura e sullo spartiacque che ha rappresentato. Ciò che le accomuna, scrivono gli autori, è “non solo il ricordo della tragedia, ma l’idea che la trama ordita più di cinquant’anni fa abbia ancora profondi buchi neri, luoghi dove anche la ragione si è frantumata”. Il buco più nero è quello evocato da Pecorella. In sintesi: oltre cinquant’anni dopo la verità storica ci dice che la strage fu organizzata e realizzata da esponenti del gruppo neofascista Ordine nuovo e le indagini contro di loro furono depistate dai servizi segreti della Repubblica italiana. Attraverso la strategia della tensione, l’obiettivo era favorire una svolta autoritaria. I vertici politici stettero semplicemente a guardare o, come suggerisce Pecorella, qualcuno di loro fece una scelta “precisa”?

Ecco qualche brano tratto da alcuni degli interventi contenuti del libro, che pubblichiamo per gentile concessione dell’editore.

Gabriele Albertini (sindaco di Milano dal 1997 al 2006, nato nel 1950)
Ma c’è ancora una piccola area, chiamiamola pseudo-rivoluzionaria, dove girano ex brigatisti che tengono conferenze e si considerano combattenti politici che hanno perso una guerra. Peccato che solo qualcuno abbia voluto combattere la loro guerra, e ancora di più per i poveri cittadini italiani uccisi senza uno scopo. Oggi noi ce ne dimentichiamo, ma lo scenario era quello. Pensiamo che sia tutto frutto della malvagità dei servizi segreti e della P2. Molti attentati facevano parte della strategia della tensione, però sì innestavano in una situazione dove, non dico che fosse giustificabile, però può spiegare come alcuni, non particolarmente rispettosi dello Stato di diritto e davanti a uno scenario così inquietante, pensassero a una svolta autoritaria.

Luca Barbareschi (attore e produttore, nato nel 1956)
Poi, quando buttarono Pinelli giù dalla finestra della questura, andammo tutti alla Palazzina Liberty a vedere Dario Fo che con la sua genialità prendeva in giro le istituzioni e le loro balle. Mi ricordo la scena di Pinelli che diceva “No no no, non spingete da dietro” con gli altri che dicevano “Si suicidi, si suicidi”. È tutta la storia di Valpreda, ma Valpreda non c’entrava niente, era un ballerino come la mia fidanzata di allora, figurarsi! Quindi una situazione di grande confusione ma con un qualcosa di non detto. E qui vengo al tema che secondo me è più importante: c’erano tante bugie in quella cosa lì.

Susanna Camusso (parlamentare, già segretaria della Cgil, nata nel 1955 )
La strage di piazza Fontana è sicuramente l’evento che più di tanti altri ha determinato la mia militanza. Io avevo cominciato il liceo e stavo facendo un passaggio importante verso la vita adulta. Un passaggio segnato da quella maledetta strage. Che fu per tutti un evento assolutamente impensabile. Ancora di più per me, che potevo essere in vari posti, quel 12 dicembre, e invece ero proprio lì, appena fuori dalla piazza. E questa sensazione di essere dentro al fatto ti fa perdere la dimensione del momento (…).

Se oggi assistiamo ancora a momenti opachi nella nostra vita politica è perché non facemmo chiarezza fino in fondo all’epoca della bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura e delle stragi seguenti. Non abbiamo voluto andare a vedere i legami e le forme di sostegno che ha avuto la destra eversiva nel nostro Paese in tutti questi anni. Ora la recrudescenza della destra neo-fascista si manifesta in forme diverse da quelle delle stragi, ma è pur sempre una realtà presente e pericolosa.

Ferruccio de Bortoli (giornalista, nato nel 1953)
Eravamo un Paese di frontiera nella divisione tra i blocchi. E quali sono state le forze che si sono annidate al di sotto delle istituzioni? Possibile che a un certo momento le istituzioni non abbiano il bisogno di fare un po’ la storia di ciò che è accaduto al loro interno? Siamo riusciti ad arrivare a molte verità, ma i processi hanno avuto problemi enormi. Perché queste istituzioni non si guardano un po’ al loro interno e cercano di capire esattamente che cosa è successo? Perché se no danno la sensazione di aver coperto le pagine più buie della storia, ma se tu copri le pagine buie della tua storia rischi di non valorizzare le pagine eroiche e coraggiose e fondamentali della vita di un Paese. Questo è un interrogativo che, pensando a piazza Fontana, mi sono sempre posto. Secondo me c’è qualcuno che sa e non parla e che forse dovrebbe pagare un prezzo morale alla società.

Gaetano Pecorella (avvocato, nato nel 1938)
Io entrai nel processo di Catanzaro come parte civile di alcuni sindacalisti che erano stati feriti o avevano dei parenti morti nella strage. Il processo durò un paio d’anni e la sentenza, per me, fu l’unica che davvero aveva capito cos’era successo il 12 dicembre del 1969. Mandò assolto Pietro Valpreda e condannò Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini. La ricostruzione dei fatti fu estremamente attendibile, perché si legava all’acquisto dei timer e delle borse usate per gli attentati. Inutile dirlo, anche lì ci furono interventi per depistare. Ma credo che quella sentenza fu la più corretta sul piano della ricostruzione dei fatti. Anche la strategia di arrivare ai servizi segreti con Giannettini fu probabilmente giusta sul piano processuale. Purtroppo, arrivò anche molto vicino alle responsabilità politiche: i ministri dell’epoca, il Presidente del Consiglio, i vertici dei servizi segreti. Il rischio di coinvolgere gli apparati dello Stato portò in appello alle assoluzioni ingiustificate di Freda e Ventura (…).

La politica ha quasi sempre le mani sporche di sangue. Uno di questi episodi è stato piazza Fontana, poi c’è stato piazza della Loggia a Brescia. La politica è fatta di sangue e violenza, raramente ci sono uomini che fanno politica nel rispetto dei diritti umani e, quando ci sono, sono delle rarità come i Moro, i De Gasperi. Lo dico pur non essendo mai stato democristiano. Io valuto che piazza Fontana sia stata una cosa terribile per il nostro Paese, ma c’è stata una precisa scelta politica di fare una strage. Non posso dire chi l’ha decisa, perché non c’è nessuna sentenza che autorizza a dirlo.

Giuliano Pisapia (Parlamentare europeo, Sindaco di Milano dal 2011 al 2016 e avvocato, nato nel 1949)
Il 15 dicembre ci furono i funerali delle vittime, con centinaia di migliaia di persone in piazza Duomo. I sindacati proclamarono lo sciopero generale e poi ci fu l’arresto di Pietro Valpreda. Mi ricordo quando Mario Capanna disse che sarebbe andato ai funerali delle vittime, il disaccordo di molti che temevano per la sua incolumità e poi la notizia che era stato picchiato, linciato e salvato dalla Digos. Ricordo bene la sensazione di smarrimento, di preoccupazione, leggevamo che c’era la volontà di introdurre lo stato d’emergenza con limitazioni della libertà, non sapevamo che cosa ci aspettasse. Vivevamo in un’Europa dominata da tante dittature, in Spagna, in Portogallo, due anni prima c’era stato il golpe dei colonnelli in Grecia. Insomma, la paura di una svolta autoritaria era presente e c’era un grande timore.

Guido Salvini (magistrato, nato nel 1953)
Le indagini milanesi degli anni Novanta non sono state affatto inutili. Anche le sentenze di assoluzione affermano esplicitamente responsabilità. Scrivono che l’ordinovista di Venezia Carlo Digilio aveva preparato e fornito gli ordigni agli esecutori di tutti gli attentati del 1969. Nei suoi confronti vi è stata una sentenza di prescrizione per il delitto di strage, a norma del codice, perché ha collaborato. Ma è stato dichiarato colpevole. Quindi, diversamente da quanto spesso si sente, un colpevole giudiziariamente accertato c’è. Poi si legge sempre nelle sentenze che la strage fu ideata ed eseguita da Ordine nuovo del Veneto e che nei confronti di Freda e Ventura era stata raggiunta, con i nuovi elementi raccolti negli anni Novanta, la prova “postuma” della loro colpevolezza, anche se essi non erano più giu-dicabili perché assolti per insufficienza di prove nei processi precedenti. Quindi la paternità di quegli eventi sul piano storico-giudiziario è definitivamente accertata. Eppure, oggi qualcuno ancora dice che non si sa niente delle stragi come piazza Fontana. Sbaglia, non è così, abbiamo fatto un buon lavoro: abbiamo dato un senso compiuto ad alcuni eventi tragici che hanno segnato la Storia del Paese. Poi, a qualcuno interesserà, ad altri sempre meno. Ma io credo che sia stato utile.

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