Respingimenti illegali secondo il tribunale di Roma, “riammissioni informali” per il governo Meloni. Che sulla frontiera a Nord-Est ha deciso di rilanciare la procedura per riconsegnare alla polizia slovena i richiedenti asilo rintracciati lungo la frontiera, dove approdano parte dei migranti che percorrono la rotta balcanica. “Chiediamo al governo di porre fine a questa prassi illegittima e di rispettare la legislazione italiana e le convenzioni internazionali sul diritto di asilo”, hanno scritto sabato in un comunicato Magistratura Democratica, Arci, Asgi, Acli e Cgil. L’iniziativa era stata adottata dal primo governo Conte, quando l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi era capo di gabinetto al Viminale con Matteo Salvini. Proprio grazie alla cosiddetta “circolare Piantedosi” il 2020 era stato un anno record per le riammissioni in Slovenia. Poi bloccate a inizio 2021 dai giudici romani che, di fronte al ricorso di un cittadino pachistano, ne hanno ribadito l’illegittimità. Tanto che lo stesso governo Draghi aveva ammesso che le riammissioni non possono essere applicate ai richiedenti protezione internazionale. Ma adesso il nuovo governo ci riprova, e secondo un rapporto su respingimenti e violenze alle frontiere Ue l’Italia sembra essere in buona compagnia.

Tutto parte o meglio riparte dalla direttiva firmata dal capo di gabinetto di Piantedosi, Maria Teresa Sempreviva, martedì scorso, mentre il premier Giorgia Meloni era a Tirana per partecipare al vertice tra Unione europea e Balcani. Oggetto della direttiva sono i controlli di polizia alle frontiere con Austria e Slovenia che il Viminale intende implementare per contrastare i flussi migratori della rotta balcanica, in aumento rispetto al 2021. Il ministero dell’Interno, che ha inviato istruzioni in tal senso anche alle prefetture di Trieste, Udine e Gorizia, chiede di adottare “ogni iniziativa volta a dare ulteriore impulso all’attività di vigilanza lungo la fascia confinaria, anche al fine di assicurare la più efficace attuazione degli accordi stipulati con Slovenia e Austria il 24 ottobre 1996 e il 7 ottobre 1997″. Per bocca del sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco, il 6 dicembre il governo ha poi fugato ogni dubbio parlando esplicitamente di “meccanismi di riammissione” da riattivare.

E’ in base ai citati accordi che l’allora capo di gabinetto Piantedosi avviò le riammissioni informali sulla frontiera orientale che oggi vuole rilanciare nonostante le sentenze nazionali ed europee e la normativa in questione. A partire dalle norme che prevedono, scrivono Md, Arci, Asgi, Acli e Cgil nel loro comunicato, “che un accordo bilaterale non ratificato dal Parlamento non può prevedere modifiche o derogare alle leggi vigenti in Italia o alle norme dell’Unione Europea o derivanti da fonti di diritto internazionale (cfr. art 80 della Costituzione Italiana), né può impedire l’esame individuale delle singole posizioni in violazione dell’obbligo previsto dall’art 19 della Carta del Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che vieta le espulsioni collettive in funzione dell’effettivo rispetto dell’art 3 della CEDU e dell’art 4 della CDFUE e del carattere assoluto del divieto di trattamenti inumani e degradanti (art 15 CEDU)”.

In una conferenza stampa online organizzata oggi dalla rete di associazioni RiVolti ai Balcani, gli avvocati dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) Caterina Bove e Anna Brambilla hanno ricordato che le persone approdate in territorio italiano hanno non solo il diritto di vedere rispettata ogni loro manifestazione di volontà di chiedere protezione internazionale, ma anche “quello di essere messe nella condizione di manifestare tale volontà e di essere informate sulle implicazioni in merito”. Quando non avviene e le persone sono semplicemente riconsegnate alla polizia slovena, “tutte le più autorevoli fonti danno conto delle sorti dei migranti “riammessi” in Slovenia, sottoposti di fatto a un respingimento a catena fino in Bosnia ed Erzegovina“, scrivono ancora le associazioni nel comunicato. E poi: “Il Governo italiano sa bene che le “riammissioni informali” espongono i migranti, anche i richiedenti asilo, a trattamenti inumani e degradanti“. Quantomeno ne era consapevole il precedente governo di Mario Draghi, quando in risposta a un’interrogazione di Riccardo Magi di +Europa, il 13 ottobre 2021 ammetteva che le riammissioni non possono essere in alcun modo applicate ai richiedenti protezione internazionale. Come ricordano ancora gli avvocati di Asgi, nel 2021 il Tribunale di Roma ha ribadito che di fronte al trasferimento di persone da uno Stato all’altro è necessario un provvedimento individuale perché “il diritto a ricorrere contro il respingimento deve essere effettivo”.

Questioni che rischiano di finire ancora una volta di fronte a un giudice per ribadire principi già noti. E che però non riguardano solo l’Italia. Secondo il nuovo rapporto del Border Violence Monitoring Network (BVMN) presentato la settimana scorsa insieme al gruppo Left del Parlamento europeo, respingimenti e violenze alle frontiere sono in aumento su tutti i confini esterni dell’Unione. “Siamo oltre il punto di negare l’esistenza dei respingimenti. Abbiamo prove video, filmati, rapporti medici e oltre mille testimonianze, e questi sono solo i dati che siamo riusciti a raccogliere”, ha dichiarato Hope Barker, analista politico senior del BVMN, durante la presentazione del rapporto al Parlamento. “Quasi 25.000 persone sono state picchiate, prese a calci, umiliate e detenute arbitrariamente prima di essere respinte illegalmente, sia alle frontiere esterne dell’Ue che nel profondo del territorio dei suoi Stati membri”, ha dichiarato Barker. Secondo Cornelia Ernst, membro tedesco del gruppo Left al Parlamento europeo, “la Commissione europea è direttamente responsabile perché ancora inattiva, non avendo mai avviato procedure di infrazione contro gli Stati membri che respingono le persone e negano loro il diritto di asilo”.

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