Sono diversi i ricombinanti di Omicron sequenziati in Italia. Dopo Xe e Xj, con la prima sequenza ottenuta in Italia, dall’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, è arrivata anche il primo sequenziamento di Xf avvenuto in Emilia-Romagna che è una ricombinazione di Delta e Omicron. Si allarga quindi la famiglia del virus responsabile della pandemia di Covid. Finora sono stati identificati anche altri ricombinanti, come Xd e appunto Xf, nati da Omicron e Delta, e sono stati segnalati anche Xa, Xb, Xc e Xh. Al momento gli unici individuati in Italia sono Xj e Xf ovviamente Xe. Da tempo sono sparite dal nostro Paese le varianti Alfa e Delta, sopraffatte dalla Omicron, dominante al 100%, con l’80% dei casi dovuti alla sotto-variante BA.2 come Lo indicano le analisi del Ceinge-Biotecnologie avanzate, basate sui dati delle banche internazionali Gisaid e Ncbi Virus, nelle quali vengono depositate le sequenze genetiche.

La Xf è stata isolata per la prima volta in Italia al laboratorio di Pievesestina a Cesena come riporta La Repubblica. “La variante è stata isolata in un campione raccolto il 4 aprile durante una Interflash Survey come definisce l’Istituto superiore di sanità la sorveglianza su campioni particolari- spiega il direttore del laboratorio, Vittorio Sambri -. In questo caso il paziente su cui è stato prelevato il campione era gravato da una comorbilità importante”.

“È normale che il virus muti e si ricombini: è così che fanno i virus”, osserva il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata. “Non è un fenomeno strano, ma può accadere facilmente quando diverse versioni di un virus coesistono nella stessa persona, come le sotto-varianti BA.1 e BA.2”. Per Novelli è importante “avere la certezza che Xe e Xj siano nuovi ricombinanti. Non è semplice farlo perché occorrono tecniche di sequenziamento complesse“. Inoltre, prosegue il genetista, “Non basta leggere le sequenze genetiche, ma bisogna interpretarle, e bisogna sequenziare molto di più”. Che il fenomeno della comparsa dei ricombinanti sia legato alla diffusione del virus è chiaro, ma secondo Novelli “è prematuro parlare della loro patogenicità: serve molto tempo per studiarle“.

La grande differenza fra i ricombinanti e le varianti è che solo queste ultime danno luogo a una progenie. “Non si tratta di nuovi lignaggi”, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell’università di Milano Bicocca e direttore scientifico del gruppo cerba HealthCare. “Il virus – osserva – si ricombina perché, in un momento in cui la circolazione del virus è alta, più infezioni possono coesistere in un unico individuo”. Secondo Broccolo “è difficile capire se quella delle ricombinazioni sia una strategia vincente: finora non abbiamo visto ricombinazioni che abbiamo dato origine e nuove varianti

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