I socialdemocratici risorgono dopo la batosta del 2017 e sono il primo partito davanti ai conservatori, che raccolgono il peggior risultato della loro storia, ma entrambe le formazioni rivendicano la cancelleria e dunque l’incarico di provare a costruire una coalizione. Le elezioni tedesche che sanciscono la fine dell’era di Angela Merkel confermano che la Germania è un bivio: potrà andare verso un governo guidato dalla Spd e da Olaf Scholz oppure verso un esecutivo con cancelliere il candidato della Cdu Armin Laschet. Entrambi sono intervenuti al dibattito televisivo post elettorale Berliner Runde e hanno espresso la volontà di arrivare ad avere un nuovo governo prima di Natale, dicendosi fiduciosi che Merkel non dovrà di nuovo tenere un discorso di Capodanno da cancelliera. Scholz e Laschet però sanno bene che le trattative saranno lunghe e complesse: Verdi e liberali della Fdp, rispettivamente terzo e quarto partito, diventano il vero ago della bilancia per capire che volto avrà il prossimo governo di Berlino. Senza i loro seggi, infatti, sarà impossibile avere una maggioranza.

È la conseguenza del risultato emerso dalle urne: l’Spd è in vantaggio con il 25,7% e la Cdu-Csu segue da vicino, ma al 24,1%. I Verdi sono al 14,8%, i liberali (Fdp) all’11,5%, l’AfD al 10,6%, la Linke è inchiodata al 5%, la percentuale minima che consente di entrare nel Bundestag (ma per la certezza servirà il risultato definitivo). I numeri dicono che sono possibili due soluzioni: la Spd e i Verdi al governo insieme ai liberali (la coalizione “semaforo“), oppure l’asse più conservatrici e rigorista (Cdu-liberali) alleata ai Verdi nella cosiddetta coalizione Giamaica. L’altra ipotesi è l’ennesima riedizione della Grosse Koalition, che però per ora è stata esclusa da entrambe.

I socialdemocratici hanno un vantaggio minimo sull’Unione, ma l’umore è opposto per Spd e Cdu. I conservatori, persa Angela Merkel, ottengono il peggior risultato della loro storia: il simbolo della disfatta è la conquista da parte della socialdemocratica Anna Kassautzki del collegio di Rugen-Greifswald dove la stessa Merkel è stata eletta dal 1990 in poi. “Non siamo soddisfatti“, ha dovuto ammettere Laschet quando ha preso la parola, dopo aver ringraziato la cancelliera – che era al suo fianco – per i 16 anni di governo del Paese. Clima opposto tra i socialdemocratici: “Sono contento del risultato”, ha detto Scholz. “È chiaro che i cittadini vogliano un cambiamento e che il prossimo cancelliere si chiami Olaf Scholz“, ha chiarito. L’euforia è palpabile per un partito che non vinceva le elezioni dal 2002. I socialdemocratici rivendicano la cancelliera, forti anche del risultato dei Verdi, che non hanno sfondato ma si confermano la terza forza del Paese. Un risultato “fantastico“, ha detto la candidata Annalena Baerbock. “Abbiamo un mandato per il futuro”, ha aggiunto, affermando che la Germania ha bisogno di un “governo del clima“. Un esecutivo che i Verdi vorrebbero formare insieme alla Spd, come ha ribadito il segretario Michael Kellner.

Ma Laschet, pur ammettendo un risultato negativo, ha rivendicato la possibilità che “si possa creare un governo sotto la guida dell’Unione”. “La Germania ha ora bisogno di una coalizione per il futuro che possa modernizzare il Paese, una coalizione per maggiore resilienza”, ha detto dal palco. La Cdu vuole restare al governo e il suo segretario Paul Ziemiak ha subito rilanciato l’ipotesi di una coalizione Giamaica che escluda i socialdemocratici: “C’è la possibilità di una futura alleanza con Verdi e liberali“. Anche Markus Soeder, leader dei bavaresi della Csu, si è detto convinto di “una coalizione Giamaica”, spiegando che la Csu è aperta a questi colloqui assieme alla Cdu: “Vogliamo avviare questi colloqui con il chiaro obiettivo di definire un mandato di leadership per l’Unione, in modo che Laschet possa diventare cancelliere della Germania”.

“La Fdp ha ottenuto uno dei migliori risultati elettorali della sua storia”, ha commentato il leader del partito Christian Lindner. I liberali sono l’altra forza che sarà corteggiata da Spd e Cdu: durante il dibattito televisivo, Lindner ha sottolineato che a suo parere Fdp e Verdi dovrebbero parlare fra loro della formazione di un nuovo governo in Germania prima che inizino i colloqui esplorativi da parte del blocco conservatore Cdu/Csu e della Spd. La preferenza dei liberali va verso i conservatori, ma Scholz ha subito rimarcato la disponibilità al dialogo: l’Spd ha più cose in comune con i Verdi nell’ottica della prossima coalizione di governo in Germania, ma “il mio desiderio è di essere costruttivo”, ha detto al Berliner Runde. Più tardi anche il co-presidente dei Verdi Robert Habeck ha aperto a tutte le opzioni di coalizione. “Vogliamo governare”, ha detto.

La sinistra tedesca Die Linke – che nell’ultima fase della campagna elettorale aveva sperato anche di poter entrare in un governo con Spd e Verdi – non nasconde la delusione per il risultato elettorale: “I numeri parlano un linguaggio molto chiaro, è una serata deludente per noi”, ha detto il co-leader Dietmar Bartsch. “Dobbiamo farci alcune domande”, ha aggiunto. Chi è rimasta invece nell’angolo in questa campagna elettorale è l’ultradestra tedesca: la tendenza che dava Alternative für Deutschland in crescita negli anni scorsi ha visibilmente frenato. Ma per il candidato di punta dell’AfD, Tino Chrupalla, quello uscito dalle urne è comunque “un risultato solido”. La certezza però, al di là di quale sarà la composizione della prossima coalizione, è che l’estrema destra non sarà più la prima forza di opposizione in Parlamento.

Il confronto con il 2017 – Le precedenti elezioni federali si erano tenute il 24 settembre 2017. L’Unione Cdu/Csu guidata ancora da Merkel ottenne il 33%, la Spd si fermò appena al 21% dei voti. AfD divenne il terzo partito con il 12,6%, mentre la Fdp ottenne il 10,7% dei voti. Gli altri partiti che ottennero una rappresentanza al Bundestag furono Die Linke e Verdi, entrambi con il 9% dei voti. Sui 709 seggi totali del Bundestag, la Cdu/Csu ne ottenne 246 (200 la Cdu e 46 la Csu), Spd 153, AfD 94, Fdp 80, Die Linke 69, e i Verdi 67.

La gaffe di Laschet – A tenere banco per tutta la giornata del voto è stato soprattutto il caso scatenato da Laschet, candidato cancelliere della Cdu-Csu, che secondo i sondaggi impegnerà in un testa a testa lo sfidante socialdemocratico, Olaf Scholz. Il premier conservatore del Nord-Reno Vestfalia ha votato ad Aquisgrana, ma ha piegato male la scheda nell’urna: nella foto di rito, si vedono chiaramente le sue due croci per la Cdu. Motivo di imbarazzo ma anche di polemica, perché in molti hanno sostenuto che così il suo voto non fosse valido. Poi è arrivato il chiarimento dell’ufficio federale elettorale su Twitter: “Un politico noto a livello federale ha votato secondo le attese per il suo partito. Un’influenza sulle elezioni non può esser rilevata”, si legge. In ogni caso per Laschet si tratta dell’ennesima gaffe durante la campagna elettorale, come la risata durante il discorso del capo dello Stato, Frank-Walter Steinmeier, per le vittime dell’alluvione. Tutto liscio invece per il candidato Spd Scholz, che ha votato a Potsdam, appena fuori Berlino. La stessa città dove ha votato anche la candidata cancelliera dei Verdi, Annalena Baerbock.

Caos a Berlino – In Germania è stata chiamata “Superwahlsonntag” perché alle elezioni nazionali si aggiungono alcune votazioni locali. In particolare a Berlino, dove si è votato anche per il sindaco, per il Parlamento regionale e per il referendum sull’esproprio degli appartamenti in mano ai colossi del settore immobiliare. Nella capitale fin dal primo pomeriggio si sono registrate lunghe code anche di un’ora per votare e la commissione elettorale della città-stato ha fatto sapere che chi sarà in coda ancora alla chiusura dei seggi potrà entrare. Ma il vero caos è scoppiato nelle ultime due ore di voto, perché in alcuni seggi nei distretti Friedrichshain/Kreuzberg e Charlottenburg/Wilmersdorf sono addirittura terminate le schede elettorali prima del previsto.

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