Capitoli

  1. Siria, otto anni di guerra tra rivolte anti-Assad, lotta al terrorismo, negoziati e tradimenti: ecco cosa cambia dopo l’offensiva della Turchia
  2. Gli schieramenti all'inizio del conflitto
  3. Armi chimiche e "red line" di Obama
  4. Nascita del Califfato e intervento occidentale
  5. Arrivano i russi e Assad resta in sella
  6. Khan Shaykhun e abbraccio Putin-Assad
  7. Quali sono gli schieramenti oggi
  8. Perché la Turchia ha attaccato i curdi
  9. Perché Trump ha ordinato il ritiro
  10. Mosca, amica di tutti, ora può mediare
  11. I rischi di un conflitto duraturo
  12. Gli strumenti in mano ai Paesi Nato
Mondo

Quali sono gli schieramenti oggi - 7/12

Dopo la sconfitta dello Stato Islamico e l'assedio alle ultime sacche di resistenza jihadista nel Paese, gli equilibri siriani subiscono un nuovo stravolgimento dopo la ritirata delle truppe americane dal nord-est e la conseguente invasione voluta dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Prima di avviare dei colloqui di pace è necessario, adesso, risolvere la questione curda

Dopo la riconquista dei territori in mano allo Stato Islamico da parte della coalizione occidentale (che ha sostenuto l’avanzata curda da nord) e del blocco russo-sciita, fino a poche settimane fa la situazione vedeva regime di Damasco, Russia, Iran e Hezbollah impegnate sul fronte Idlib con l’obiettivo di ricostruire una Siria sotto il governo Assad.

La coalizione occidentale, con a capo Stati Uniti e Paesi della Nato, invece avrebbe voluto stabilizzare il Paese e indire elezioni democratiche nella speranza di detronizzare il dittatore siriano. Con la causa dell’autonomia curda che sarebbe dovuta finire al tavolo delle trattative dopo l’apporto fornito dalle milizie delle Ypg/Ypj nella riconquista di città fondamentali come Kobane, Raqqa e Baghuz.

Nel frattempo la Turchia, seconda potenza della Nato accusata di aver sostenuto l’Isis durante il conflitto permettendo il passaggio di foreign fighters, beni alimentari, armi e finanziamenti attraverso il confine turco-siriano, si è nel tempo avvicinata politicamente ed economicamente a Mosca, soprattutto dopo l’acquisto del sistema missilistico S-400. E il ritiro delle truppe americane le ha dato l’occasione di invadere il nord-est siriano in mano, appunto, ai curdi.

Adesso, con Ankara in contrasto con il blocco occidentale di cui, almeno sulla carta, fa ancora parte, e l’abbandono dei curdi al loro destino, la coalizione a guida Usa ha diminuito la propria presenza e il proprio peso nel Paese. Con il Free Syrian Army e quel fronte costituito da una nebulosa di gruppi estremisti che, dall’operazione che ha portato all’occupazione di Afrin, nel 2018, si è ormai schierato al fianco di Ankara.