Dopo la sconfitta dello Stato Islamico e l'assedio alle ultime sacche di resistenza jihadista nel Paese, gli equilibri siriani subiscono un nuovo stravolgimento dopo la ritirata delle truppe americane dal nord-est e la conseguente invasione voluta dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Prima di avviare dei colloqui di pace è necessario, adesso, risolvere la questione curda
Mentre fino alla decisione americana di ritirare le truppe e quella turca di invadere il nord-est siriano la Russia guidava la coalizione filo-Assad, in contrapposizione a quella con in testa gli Usa, oggi Mosca ricopre un ruolo molto più importante nello scacchiere siriano.
Può parlare, ovviamente, con i suoi alleati di Damasco e Teheran. Può farlo con i curdi che, nei giorni scorsi, hanno trattato sull’appoggio dell’esercito di Assad per frenare l’avanzata di Ankara. Può parlare anche con la Turchia, oggi fortemente criticata dagli alleati della Nato. A differenza degli Stati Uniti, oggi la Russia si candida a ruolo di mediatore, un vero e proprio king maker, in un ipotetico tavolo delle trattative. E nell’intero scacchiere mediorientale.