Dopo la sconfitta dello Stato Islamico e l'assedio alle ultime sacche di resistenza jihadista nel Paese, gli equilibri siriani subiscono un nuovo stravolgimento dopo la ritirata delle truppe americane dal nord-est e la conseguente invasione voluta dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Prima di avviare dei colloqui di pace è necessario, adesso, risolvere la questione curda
Il 4 aprile 2017 un nuovo attacco col gas sarin uccise 70 persone nella cittadina strategica di Khan Shaykhun, dopo un raid aereo di Damasco. La coalizione occidentale puntò il dito contro il governo, colpevole di non aver distrutto tutte le armi chimiche in suo possesso e di averle usate per piegare l’opposizione, mentre il regime sostenne di aver colpito un deposito di armi chimiche in mano ai ribelli.
Dopo che le Nazioni Unite attribuirono al regime le responsabilità per i fatti di Khan Shaykhun, altri raid, anche israeliani, colpirono le basi di Damasco. Ma la presenza della Russia al fianco di Assad impedì che quest’ultimo pagasse per l’uso del sarin. Un ruolo, quello di Mosca, che perfettamente riassunto nella famosa immagine dell’abbraccio tra Assad e Putin a Sochi, nel novembre 2017, quando il primo ringraziò l’omologo russo per “aver salvato lo Stato siriano“.