Dopo la sconfitta dello Stato Islamico e l'assedio alle ultime sacche di resistenza jihadista nel Paese, gli equilibri siriani subiscono un nuovo stravolgimento dopo la ritirata delle truppe americane dal nord-est e la conseguente invasione voluta dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Prima di avviare dei colloqui di pace è necessario, adesso, risolvere la questione curda
È il 29 giugno 2014 quando il leader dello Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, parla dal Minbar della moschea al-Nouri, a Mosul, proclamando la restaurazione del Califfato in Siria e Iraq, con un territorio che, al massimo della sua estensione, diventerà grande quanto la Gran Bretagna.
I primi raid aerei a stelle e strisce in Iraq si registrarono ad agosto dello stesso anno, a settembre le bombe di Washington colpirono anche il territorio siriano. Mentre le milizie curde siriane e irachene e i militari di Baghdad si confrontavano sul terreno contro i terroristi in nero, anche Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Australia e Canada, oltre ad alcuni Paesi arabi, bombardavano le formazioni jihadiste dal cielo.