Dal 1955 al 2015 il nostro Paese è finito 642 volte davanti alla Corte di Giustizia Europea. La mancata applicazione delle direttive di Bruxelles costa ogni anno 500 milioni di euro. Dai rifiuti al debito pubblico, fino all'utilizzo delle buste di plastica, ecco la mappa di ciò che l'Italia dovrebbe fare e invece non fa
Con l’invio di un parere motivato da parte della Commissione Europea, l’Italia, insieme a Spagna, Gran Bretagna, Germania e Francia, è stata deferita per l’alta concentrazione di biossido di azoto rilevato nelle grandi città. La situazione risulta alquanto critica nelle città di Milano, Roma e Torino, oltre a tutta l’area della val Padana. La procedura è entrata nella sua seconda fase e, da questo momento, i paesi hanno due mesi per mettersi in regola con la direttiva Ue del 2008 o per comunicare quali azioni intendono adottare per diminuire i livelli delle polveri killer che nel 2013 hanno portato alla morte di 700mila individui nell’Ue. Non sono bastati gli interventi del governo e molto probabilmente gli italiani si troveranno di nuovo a sperimentare le domeniche ecologiche spese a piedi o in bicicletta. A questa si aggiunge la procedura inerente alla direttiva 2015/1480/UE con disposizioni relative ai metodi di riferimento e convalida dei dati e all’ubicazione dei punti di campionamento per la valutazione della qualità dell’aria, che tradotto in termini meno tecnici è strettamente connessa alle polveri killer, quindi lo stato italiano non solo non rispetta i limiti, ma non ha nemmeno un sistema ottimale per il rilevamento. Infine, in merito alla direttiva 2002/49/CE lo stato italiano è in fase di messa in mora complementare per quanto riguarda la gestione del rumore ambientale.