Dal 1955 al 2015 il nostro Paese è finito 642 volte davanti alla Corte di Giustizia Europea. La mancata applicazione delle direttive di Bruxelles costa ogni anno 500 milioni di euro. Dai rifiuti al debito pubblico, fino all'utilizzo delle buste di plastica, ecco la mappa di ciò che l'Italia dovrebbe fare e invece non fa
Con le nuove procedureaperte il 24 gennaio 2017 l’Italia arriva a quota 72, di cui 52 per violazione del diritto dell’Ue e 20 per mancato recepimento delle direttive, anche se è bene ricordare che 3 procedure sono state recente sospese. Il numero più rilevante delle infrazioni è quello relativo alle normative ambientali (16), agli affari economici (7) e affari interni (6), concorrenza e agli aiuti di stato (6), fiscalità e dogane (6), trasporti (5), salute (5). In misura minore si ritrovano agricoltura (3), appalti (3), libera prestazione dei servizi (3), giustizia (3), affari esteri (2), tutela dei consumatori (2), libera circolazione delle persone (1), comunicazioni (1), energia (1), libera circolazione delle merci (1), pesca (1). Ma almeno qui una buona notizia è arrivata, grazie all’archiviazione di 5 procedure, tra le quali quella riguardante la discarica di Malagrotta, quella sulla rilevazione delle impronte digitali e l’affidamento senza gara dei servizi di cabotaggio marittimo al Gruppo Tirrenia. Dal canto loro i nuovi procedimenti istruttori sono inerenti ai debiti della Pubblica Amministrazione, le fognature, l’utilizzo di buste di plastica e l’ultima relativa ai prodotti caseinati.