Dal 1955 al 2015 il nostro Paese è finito 642 volte davanti alla Corte di Giustizia Europea. La mancata applicazione delle direttive di Bruxelles costa ogni anno 500 milioni di euro. Dai rifiuti al debito pubblico, fino all'utilizzo delle buste di plastica, ecco la mappa di ciò che l'Italia dovrebbe fare e invece non fa
Una procedura d’infrazione, come stabilito dall’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Ue, può essere richiesta dalla Commissione Europea o da un altro stato membro per la violazione del diritto Ue o per il tardivo recepimento di una direttiva. Il meccanismo è piuttosto lungo e si compone di tre fasi: la pre-contenziosa, che consiste in una lettera di messa in mora alla quale il paese dovrà rispondere entro 2 mesi, quella giurisdizionale che offre al paese la possibilità di conformarsi al diritto europeo entro un certo periodo ed evitare il ricorso alla Corte di Giustizia Europea, e quella esecutiva, ossia la sanzione vera e propria, che si divide in un pagamento forfettario più una quota per ogni giorno di ritardo nell’adeguamento. Ma, nel 2008, il processo è stato leggermente modificato grazie all’introduzione di EuPilot, sistema che permette la riduzione delle procedure d’infrazione aperte, anticipando la fase della messa in mora con una richiesta di chiarimenti alla quale lo stato membro dovrà rispondere entro 10 settimane.