Da oltre 30 anni diverse ricerche nel mondo cercano di far luce sui segreti dei mutanti della proteina p53, per capire come riescano a scatenare tumori e metastasi. Parallelamente, un grande interesse si è concentrato negli ultimi anni sulla proteina Yap, un altro importante protagonista della trasformazione tumorale. Ebbene, secondo uno studio italiano questi due pilastri molecolari dei tumori sono intimamente connessi. Ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, dell’Università di Trieste e del Laboratorio Nazionale Cib hanno scoperto il legame tra questi due determinanti “chiavi” dell’insorgenza dei tumori e delle metastasi.

Il lavoro di un gruppo di ricercatori diretto da Giovanni Blandino, coordinatore delle attività di ricerca del Laboratorio di Oncogenomica traslazionale dell’Istituto tumori Regina Elena, e da Giannino Del Sal, direttore del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste (capo del’Unità di oncologia molecolare del Laboratorio nazionale Cib di Area Science Park a Trieste), mostra un quadro in cui queste proteine si alleano.

Nel cancro questi fattori quindi non agiscono in maniera indipendente ma si uniscono per “dare il via” insieme a un programma genetico che spinge il tumore a crescere. Sono più della metà i pazienti con cancro che nel patrimonio genetico delle cellule malate hanno mutazioni nel gene che codifica per la proteina p53. La versione normale della proteina è considerata uno dei più potenti freni alla trasformazione maligna, impedendo alle cellule di riprodursi in presenza di alterazioni nella sequenza del proprio Dna. Nei tumori, p53 viene persa o – si sottolinea nello studio finanziato da Airc e pubblicato sulla rivista scientifica Embo Reports – più di frequente si ritrova in forma mutata. Da guardiano buono, si trasforma così, nelle sue forme alterate, in un pericoloso nemico che accelera la trasformazione tumorale e la progressione della malattia verso esiti infausti.

La proteina p53 “normale” è considerata uno dei più potenti freni alla trasformazione maligna, lavora a difesa dell’integrità del genoma, impedendo alle cellule di riprodursi in presenza di alterazioni nella sequenza del proprio Dna. Nei tumori, p53 viene persa o più di frequente si ritrova in forma mutata. Da guardiano buono si trasforma così in un pericoloso nemico che accelera la trasformazione tumorale e la progressione della malattia verso esiti infausti.

La proteina Yap è capace di guidare la trascrizione di geni e quindi il comportamento delle cellule. Nei tumori sembra sfuggire ai controlli ai quali solitamente è sottoposta e per questo, accumulandosi nel nucleo delle cellule, le “riprogramma” rendendole più attive nella proliferazione, maligne e capaci di dare origine alle metastasi. Secondo Blandino “possiamo pensare di spezzare o impedire il legame tra Yap e i mutanti di p53 nei tumori progettando strategie terapeutiche specifiche. Yap non è indispensabile ai tessuti normali nell’organismo adulto, mentre i mutanti di p53 sono presenti solo nel tessuto malato. Una simile strategia, quindi, potrebbe avere elevate possibilità di precisione e successo”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Primo Levi, su Nature la proposta di dedicargli uno dei nuovi elementi chimici

next
Articolo Successivo

Depressione e infarto, nel Dna la risposta a un “possibile legame biologico”

next