Il presidente islamico turco Recep Tayyip Erdogan ha “condannato” le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno del 1915-16 e lo ha “avvertito” di non “ripetere questo errore“. “Avverto il Papa di non ripetere questo errore, e lo condanno” ha affermato Erdogan, citato da Hurriyet online. “Quando dirigenti politici, religiosi, assumono il compito degli storici, ne deriva delirio, non fatti” ha aggiunto. Dopo la recente visita di Francesco in Turchia “pensavo che fosse un politico diverso” ma le sue parole, ha detto ancora, “mostrano una mentalità diversa da quella di un leader religioso”.

L’ambasciatore resterà ad Ankara fino al centenario del genocidio
Nel frattempo prosegue la crisi diplomatica. L’ambasciatore turco presso la Santa Sede Mehmet Pacaci, richiamato per consultazioni ad Ankara, potrebbe non tornare in sede fino alle cruciali elezioni politiche turche del 7 giugno, scrive Hurriyet. L’atteggiamento di governo e presidente turchi, secondo diversi analisti, potrebbe portare voti nazionalisti al partito islamico Akp del presidente islamico Erdogan. Secondo Hurriyet Pacaci non tornerà comunque in sede prima del 24 aprile, il giorno delle celebrazioni a Erevan del centenario del genocidio armeno, che Ankara rifiuta di riconoscere. Secondo il giornale il governo di Ankara potrebbe decidere, dopo il richiamo dell’ ambasciatore una sospensione della cooperazione culturale con il Vaticano.

Stampa turca scatenata: “Cristiani responsabili di genocidi”
La stampa turca vicina al governo islamico intanto continua a scagliarsi contro il Vaticano. Takvim scrive che la diaspora armena avrebbe pagato alla Santa Sede 25 miliardi di dollari perché riconoscesse il genocidio e Star sostiene che durante la sua recente visita in Turchia Papa Francesco avrebbe promesso di non usare la parola “genocidio”. Yeni Akit accusa invece il mondo cristiano di essere responsabile di numerosi genocidi del passato, dal “massacro di 8 milioni di indiani americani“, al “genocidio perpetrato dai francesi in Algeria” o alle “brutali uccisioni da parte degli italiani in Libia“. Il grande quotidiano di opposizione Cunhuriyet più pacatamente rileva che la crisi con il Vaticano conferma il crescente isolamento diplomatico della Turchia dovuto alla disastrosa politica estera e medio-orientale di Erdogan.

Pressioni su Washington: “Obama non pronunci quella parola”
La Turchia ha ora gli occhi puntati sul presidente americano Barack Obama – scrive ancora Hurriyet – nel timore che anche lui pronunci “la parola che Ankara non vuole sentire” in occasione del centenario il 24 aprile dell’inizio dei massacri. Fonti diplomatiche hanno indicato che Ankara sta attuando forti pressioni sull’amministrazione americana “per evitare che Obama usi la parola genocidio dopo il Papa”. L’ambasciata turca a Washington e diverse organizzazioni “lavorano duramente per prevenire questo scenario”, spiega il quotidiano, usando anche minacce velate: “non vogliamo pensare che Washington voglia agire in una maniera che possa fargli perdere il più importante alleato nella regione” hanno precisato le fonti.

Europarlamento vota mozioni di condanna del genocidio
Intanto domani, 15 aprile, l’assemblea plenaria dell’Europarlamento voterà una mozione in cui tra l’altro, chiede l’istituzione di un giorno europeo della memoria. Tutti i gruppi parlamentari hanno presentato mozioni di condanna del “genocidio armeno”, chiedendo che tutti gli Stati membri e la stessa Turchia lo riconoscano ufficialmente. Il massacro di “almeno un milione e mezzo” di armeni da parte dell’Impero Ottomano tra il 1915 ed il 1917 è riconosciuto dal Parlamento europeo come “genocidio” sin dal 18 giugno 1987. Nella bozza presentata dal Ppe si “invita la Turchia a venire a patti con il suo passato, considerando che questo sarebbe un atto profondamente umano e di riabilitazione nei confronti degli Armeni”. I socialisti del gruppo S&D sottolineano che lo stesso fondatore della Repubblica turca, Kemal Ataturk, “riconobbe le atrocità di massa contro gli armeni Ottomani, definendoli un ‘atto vergognoso’, mentre la Repubblica turca non è riuscita (…) a confrontarsi con questa pagina oscura della storia nazionale”. I gruppi dell’Europarlamento poi insistono sulla necessità di mettere in atto i Protocolli di intesa firmati da Armenia e Turchia nel 2009 e nel dibattito è probabile che ci saranno molti espliciti appelli a legare l’avanzamento della candidatura della Turchia all’ingresso nella Ue alla “pacificazione” che tutti i gruppi sottolineano essere “valore fondante” dell’Unione europea.

Ora è “guerra” Turchia-Armenia per commemorazioni 24 aprile
Proseguono intanto i preparativi per le celebrazioni della battaglia di Gallipoli del 1915, organizzate quest’anno dalla Turchia il 24 aprile secondo l’Armenia per cercare di distrarre l’attenzione del mondo dalle commemorazioni del centenario del genocidio a Erevan. Erdogan ha invitato 102 Paesi ad assistere alle cerimonie di Gallipoli. Secondo Hurriyet 30 capitali avrebbero accettato di inviare rappresentanti. La lista di questi paesi sarà però resa nota all’ultimo minuto secondo il quotidiano per evitare che l’Armenia eserciti pressioni su di loro. Diversi capi di stato, fra cui il russo Vladimir Putin e il francese François Hollande, hanno invece già fatto sapere che saranno ad Erevan.

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