Fare fronte comune per superare la crisi economica, ma anche per promuovere la manifattura digitale in Italia e nel mondo. Si chiama Mak-Er ed è prima rete di artigiani digitali del Belpaese quella creata con il patrocinio dell’associazione Make in Italy, e presentata al salone internazione della ricerca industriale, l’R2B 2014, allo scopo di riunire in un unico sistema inventori, autori di prototipi di tipo ingegneristico, di apparecchiature elettroniche e sviluppatori di dispositivi per la stampa in 3D: in una parola, i makers. Artigiani 2.0 che oltre a lavorare legno e metalli si avvalgono delle più recenti tecnologie per dare forma alle proprie idee, siano queste opere d’arte o prodotti da destinare al largo consumo. Un progetto nato per far fronte alle difficoltà in cui versa il mercato da quando la recessione economica è iniziata, e al contempo per promuovere, in Italia e all’estero, la manifattura digitale nostrana, che oggi conta addetti provenienti da ogni settore produttivo: dalle industrie meccaniche e specializzate nell’automazione, alle piccole botteghe, all’arte contemporanea.

“Questa rete della manifattura digitale in Emilia Romagna – spiega Paolo Bonaretti, direttore generale di Aster, il consorzio regionale per l’innovazione e la ricerca industriale – è un progetto che intende mettere a sistema le migliori energie dei makers e degli artigiani digitali del territorio, fornendo loro supporto e consulenza utili a favorire percorsi di affermazione, ad accreditarli nei confronti degli stakeholder nazionali e internazionali, e a coordinare le opportunità di sviluppo di progetti strategici all’interno di pratiche di finanziamento europee, nazionali e regionali ”.

“Un artigiano digitale – spiega Francesca Moretti del team di Wasp Project, specializzato nella realizzazione di stampanti 3D, con sede a Massalombarda (Ra) – non è molto diverso dall’artigiano classico, che con gli strumenti che ha a disposizione deve realizzare il proprio prodotto. La sola differenza è che oggi le innovazioni tecnologiche offrono nuove possibilità: nuovi materiali, nuove tecniche di produzione, nuove forme di invenzione. Nel nostro caso, noi siamo un centro di sviluppo che riunisce 15 professionisti specializzati nella produzione di stampanti 3D, prodotti non brevettati ma in continuo cambiamento che si adattano alle esigenze di ciascun cliente a prezzi ragionevoli”. La stampa in 3D è una delle nuove modalità di invenzione, racconta Moretti: un sistema che consente di disegnare, attraverso un software, il proprio progetto, e renderlo concreto in pochissimi passaggi. In pratica, sottraendo qualsiasi limite alla creatività.

“Oggi è possibile acquistare una stampante 3D a 2.000 o 3.000 euro, quindi via via che il prodotto si diffonde viene utilizzato per gli scopi più disparati. Ad esempio abbiamo clienti del settore medicale che vogliono ‘stampare’ il prototipo di un prodotto per analizzarlo da vicino e decidere se produrlo, o artisti che scelgono la stampante per creare le loro opere. Le possibilità sono infinite. Noi stiamo cercando di creare una stampante ad argilla sufficientemente grande da permetterci di ‘stampare’ un’abitazione”, racconta Moretti. L’argilla, del resto, è un materiale storicamente utilizzato per costruire le case, e l’idea di Wasp Project è ritornare al passato. “Vorremmo poter sfruttare la terra stessa del sito dove l’abitazione andrebbe edificata per creare l’argilla, e con questa stampare i moduli che verrebbero collegati a formare l’abitazione. Un campo totalmente inesplorato in Italia, ma per noi makers ricerca e sviluppo sono il cuore pulsante dell’attività”.

Mak-Er, del resto, non comprende solo gli artigiani digitali, ma anche tutte quelle realtà che attorno a questo nuovo tipo di manifattura ruotano. Nato sulla scia di un movimento culturale contemporaneo che riporta la tradizione artigiana alla tecnologia, il network è un laboratorio di laboratori che riuniscono le più svariate figure professionali: dal ricercatore allo sviluppatore di software, fino all’associazione che si occupa di formazione. Come Civibox di Modena, che quest’anno si è aggiudicata il primo premio Smart City di Smau 2014. Un’associazione no profit che gli artigiani digitali, in un certo senso, li crea: “Noi ci occupiamo di promozione e innovazione sociale, e utilizziamo le nuove tecnologie per la cittadinanza – spiega Caterina Bonora, vicepresidente di Civibox – Ad esempio, abbiamo avviato con l’Università di Modena e Reggio Emilia un progetto per insegnare agli studenti come creare un videogame o una App, abbiamo istituito la rete Net Garage per l’alfabetizzazione informatica e lo sviluppo di nuove tecnologie. O ancora, stiamo cercando fondi per creare droni, insegniamo ai bimbi a costruire robot, e vorremmo sviluppare progetti di domotica”.

Ad oggi sono 15 le realtà che, dislocate lungo tutta la via Emilia, hanno aderito a Mak-Er per “favorire un processo regionale di crescita intelligente e rendere la Regione stessa un polo attrattivo dello smart manufacturing”. Una sorta di Rinascimento della manifattura, insomma, dove ricerca e sviluppo sono motore che alimenta il sistema, e dove l’obiettivo principale è lo scambio di ‘buone pratiche’: “La ricerca e l’innovazione tecnologica sono entrambi elementi fondamentali per lo sviluppo della nostra società – sottolinea Bonora – e la forza del network è proprio questa: lavorare insieme per contribuire a migliorare il paese in cui viviamo”.

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