Mentre in Svizzera è passato il referendum contro i super bonus ai manager, le banche italiane continuano a distribuire i ricchi premi. Tra i casi più recenti, c’è quello di Ubi banca, che ha stanziato quasi 1,75 milioni di euro per incentivi alla classe dirigente del gruppo. Una scelta che aveva provocato una dura reazione della Cgil di Bergamo. “Il top management ringrazierà”, ha avvertito, “mentre ai lavoratori che per anni sono stati precari si applica la riduzione di stipendio del 18 per cento per quattro anni”, come accade per i neoassunti.

A fronte degli incentivi al management la Fisac-Cgil, che non ha firmato l’accordo sugli esuberi di Ubi, trova “sconfortante” che la banca approfitti di qualsiasi espediente per far cassa sui dipendenti” applicando il “salario di ingresso ai giovani assunti a tempo indeterminato” nonostante questi “già da diversi anni collaborano con il gruppo con contratti precari”.

Alle critiche della Cgil si era unita anche l’Associazione azionisti Ubi banca guidata dal “rottamatore” Giorgio Jannone, secondo la quale tali incentivi contrastano con la riduzione dello stipendio e i licenziamenti: “Per evitare i sacrifici chiesti ai lavoratori sarebbe sufficiente ridurre le ingenti spese per consulenze esterne“.

Ubi banca, quinto istituto italiano per numero di sportelli, in esecuzione della delibera dell’assemblea dell’aprile 2012, a fine febbraio ha acquistato 500mila azioni proprie per incentivare i suoi dirigenti, nonostante la situazione difficile in cui si trova. Il gruppo popola lombardo ha infatti annunciato alla fine dell’anno scorso che punta entro il 2017 a 700 prepensionamenti e a 2.500 posizioni da modificare portandole da full time a part time.

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