È di nuovo tempo di grembiuli e cappucci a Rimini, dove sono attese migliaia di massoni per la Gran Loggia del Grande Oriente dItalia, in programma dal 30 marzo al 1 aprile al Palacongressi. Almeno 3 mila, dicono le prenotazioni e gli accrediti, arriveranno sulla riviera romagnola per l’appuntamento annuale che riunisce gli affiliati all’organizzazione di Palazzo Giustiniani, la realtà massonica che vanta oltre 200 anni di una storia. E che dichiara di avere ancora appeal, nonostante le ombre provenienti della storia recente – l’esperienza di Licio Gelli in primis, mai tramontata e ancora piena zeppa di punti oscuri, giudiziari, ma anche politici  – e le più attuali spaccature interne tra fazioni che ricordano quelle dei partiti. Da una parte gli uomini del gran maestro, dall’altra le opposizioni interne.

I dati in Italia sono di fonte massonica. I numeri sembrano confortare la leadership del Goi. E non potrebbe che essere, così dato che – vista la segretezza delle liste, blindate da sempre  – la fonte reca la firma del gran maestro Gustavo Raffi, autore di una recente pubblicazione, “In nome dell’uomo”, in base alla quale in Italia ci sono 21.400 massoni e 757 logge. Sempre secondo la stessa fonte, negli ultimi anni ci sarebbe stato un crescendo di iniziazioni: nel 1999, secondo il Goi, coloro che aderivano erano 12.630 mentre nel 2003 avevano raggiunto quota 15.099. Punto di svolta sarebbe stato poi il 2009, quando gli aderenti hanno per la prima volta sfondato quota 20 mila “fratelli”. A questo si aggiunga che, in base a quanto viene scritto nel libro di Raffi, “l’età media dei fratelli attivi è scesa a 53,6 anni, mentre di anni 43,2 è l’età media dei bussanti”, cioè di coloro che chiedono di essere iniziati.

Sarà dunque questa la massoneria che si presenterà con l’abito buono a Rimini in periodi di tasche vuote, occupazione che scompare e tutele dei lavoratori che saltano. Una massoneria che, dopo aver elogiato il presidente del consiglio Mario Monti, intende ritagliarsi un ruolo guida. “Vogliamo e dobbiamo esserci”, dice il gran maestro Raffi. Non a caso, dunque, il congresso è intitolato “Oltre la crisi, la bussola dei valori per ritrovare l’Uomo”. In programma interventi di docenti, intellettuali e pensatori i cui nomi vanno da Gianni Vattimo a Giulio Giorello, da Aldo Masullo a Oscar Giannino e Alessandro Cecchi Paone, già presente a Rimini l’anno scorso.

L’ascesa del gran maestro Raffi e le spaccature interne. Ma tutto è così edulcorato come sembra? Ciò che è certo è che il Goi si prepara a una scadenza spinosa, le elezioni del 2014 che dovrebbero chiudere definitivamente l’era Raffi. È lui la figura che si è posta l’obiettivo di superare una volta per tutte le “macchie” della P2, definita in più occasioni dall’avvocato romagnolo “lontana da noi come le Brigate Rosse lo erano dal partito comunista”. L’occupazione dello Stato (passata attraverso l’affiliazione dei più elevati vertici del mondo militare, economico e politico, oltre che attraverso gli spettri golpistici e i depistaggi nella storia delle stragi) è liquidata dunque come opera del “materassaio (lavorava alla Permaflex ndr) di Arezzo”.

Chiuso questo capitolo – almeno nelle volontà degli uomini di maggioranza relativa del Goi, rapidi nell’etichettare come “deviazioni dal libero pensiero” affiliati o presunti tali che finiscono in inchieste come quelle su P3 e P4 –, l’egida Raffi, originario di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, si è originata sotto i lumi di personaggi che hanno contato nel mondo di cappucci e compassi. Già di per sé la Romagna è terra di tradizione massonica, vantando nomi come quello del politico repubblicano Nevio Baldisserri e del compagno di partito Celso Cicognani, sindaco di Ravenna a cavallo tra gli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta.

L’avvocato a capo da 13 anni del Goi è stato iniziato nel 1968 entrando nella loggiaDante Alighieri, che esiste ancora, e poi ne ha fondato una propria, “La Pigneta”, in omaggio a una realtà che proveniva direttamente dal periodo napoleonico. Infine il 20 marzo 1999 l’approdo all’apice della più estesa loggia italiana, al vertice della quale è stato per tre mandati, l’ultimo iniziato il 1 marzo 2009 con una manciata di preferenze. Ed è a questo punto che è diventata evidente una frattura interna mai ricomposta.

Se c’è chi scherza sul fatto che le lotte intestine sono “normali”, quasi fossero un’altra tradizione massonica fin dai tempi dei cavouriani, oggi c’è chi gira le spalle al folklore risorgimentale e annuncia il “prossimo surclassamento della vecchia guardia”. Un surclassamento almeno tentato per esempio dal Grande Oriente D’Italia Democratico di Gioele Malgaldi. Il quale, con le sue lettere aperte al “fratello Silvio Berlusconi”, addebitava al Goi l’“assenza di qualsivoglia spazio libero messo a disposizione” degli iscritti. Raffi ha respinto quest’accusa così come quella che vorrebbe molti esponenti della sua loggia troppo vicini alle istanze del Pdl ricordando uno scontro sotterraneo ma che ha rischiato di finire nelle aule di tribunale con politici come il già coordinatore nazionale del partito Denis Verdini, carica che ha ricoperto con Sandro Bondi e Ignazio La Russa.

Le liste di ‘fratelli’? Quando ci sarà una legge che lo impone. E in questi anni Raffi ha puntato sulla “trasparenza”. Ribadita fin dalla prima allocuzione, quella della “rivoluzione del sorriso”, è pur sempre una trasparenza a modo suo che passa più volentieri attraverso riviste, siti Internet e canali per radio e tv. Ma rimane il fatto che l’elenco degli iscritti resta tabù e Raffi ha più volte dichiarato che l’obbedienza che rappresenta lo farà solo se sarà un obbligo per tutti. “Quando ci sarà una legge che lo impone e che tutelerà i massoni dal clientelismo”, aveva detto al fattoquotidiano.it, “ci adegueremo”.

Intanto, chi cita singoli iscritti o, peggio, pubblica lista di iniziati, rischia di vedersela con avvocati e querele, quando non con citazioni in sede civile per richieste di risarcimento danni. Inutile bussare anche alle porte delle prefetture, presso cui dovrebbero essere depositate le liste ma sulle quali si viene rimbalzati malgrado una legge datata 1982 contro le logge coperte. E in merito ai nomi, al momento, si spendono solo quelli spendibili a livello nazionale e internazionale per dare richiamo alla massoneria, quasi fosse (e lo sembra) una campagna di marketing.

Allora ecco che, oltre agli stracitati Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, si indicano tra i massoni illustri i più glamour Walt Disney e Clark Gable o il principe Antonio De Curtis, in arte Totò. Oppure, ancora, esponenti più seriosi come Lando Conti, sindaco di Firenze tra il 1984 e il 1985 ucciso dalle Brigate Rosse il 10 febbraio 1986. Colui, per citare ancora Raffi, che “incarna il ritratto del perfetto amministratore” e alla lista degli illustri iniziati aggiunge “Ernesto Nathan, il più grande sindaco di Roma, del pari mazziniano e massone, addirittura Gran Maestro”.

Non una parola ulteriore invece sul “materassaio”, Licio Gelli, l’uomo che uscì proprio da Palazzo Giustiniani a metà degli anni Sessanta per avviare, in un scalata prodigiosa e poco osservante dei “gradini” della gerarchia massonica, quella che “nessuno più negare che […] stata un’associazione a delinquere”, come la definì Sandro Pertini. La P2, appunto. E nemmeno oggi una parola nel commentare affermazioni come quelle dello scorso dicembre di Cesare Geronzi, anima nera della finanza italiana, che dichiarò: “La massoneria […] conta, forse conta molto, ed è spesso segnalata come protagonista di snodi più importanti di settori politici e finanziari”.

di Antonella Beccaria e Giulia Zaccariello

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