Simona Baldanzi non è una giornalista. E forse proprio per questo ha avuto il tempo e la possibilità di documentare a fondo l’impatto dei cantieri del Tav tra Bologna e Firenze. Una ricerca certosina, durata anni, che le ha permesso di raccogliere dati, voci e storie di chi nei cantieri dell’alta velocità ci ha lavorato: le tute arancioni. In altre parole quelli che un tempo venivano chiamati minatori. Un lavoro, quello dell’autrice, che da tesi di ricerca si è trasformato in un libro testimonianza, “Mugello sottosopra”, capace di documentare non solo la vita di operai spesso invisibili perché costantemente sotto terra, ma anche l’impatto prodotto dai maxi cantieri dell’alta velocità prima, e della variante di valico poi. Mentre le tute arancioni scavavano le loro gallerie, si infortunavano e a volte perdevano la vita, le falde acquifere sprofondavano e gli alberi del Mugello morivano. “Ho scelto di parlare delle tute arancioni – spiega l’autrice – perché questi lavoratori invisibili rappresentano il malessere del nostro paese”.

Chi sono gli operai dell’alta velocità?

La maggior parte di loro sono operai specializzati, tecnici dello scavo se così si può dire. Vengono per lo più dal sud Italia, esattamente come 50 anni fa, sono campani, siciliani e calabresi. Un tempo si installavano nei paesi vicino ai cantieri. Oggi vengono alloggiati, a centinaia, dentro quelli che si chiamano campi base, vere e proprie cittadelle militarizzate perché isolate dal territorio. Sono quasi fantasmi, e vivono separati da tutti.

Quali sono le loro condizioni di lavoro?

E’ da 10 anni che studio i cantieri del Mugello e col tempo le condizioni sono peggiorate sempre più. C’è il caporalato, c’è il lavoro nero, ci sono operai che lavorano 60 ore a settimana sotto terra scavando giorno e notte. Quando nel 2008 tre operai caddero da un pilone e morirono schiantati al suolo non ci furono scioperi né reazioni forti da parte della popolazione. Sull’A1, a poche centinaia di metri, negli anni 50 morirono altrettanti operai cadendo anche loro da un pilone: ci furono scioperi e proteste partecipate anche da chi a Barberino ci viveva. Nel 2008 salvo qualche sindacalista non si è mosso praticamente nessuno. Nonostante tutto, queste persone hanno lavorato per anni su 4 turni e con una settimana lavorativa di 6 giorni. Immaginatevi sei notti di seguito al lavoro, sotto terra a scavare con macchinari impegnativi e in condizioni pericolose. Su 73km di galleria ci sono stati 5 morti, senza contare le decine di infortuni e le malattie professionali.

Qual’è stato l’impatto dei lavori sul territorio?

Il Mugello è un laboratorio per capire fin dove ci si può spingere, o toccare il fondo. Lo dico con profonda tristezza perché io lì sono nata e lì ci vivo ancora. L’alta velocità ha provocato e continua a provocare devastazioni ambientali, e così le opere che sono venute dopo, come la variante di valico e la terza corsia. Ora a Barberino è in corso di realizzazione la più grande area di sosta d’Europa. Parliamo dell’equivalente di 25 campi da calcio di asfalto con annesso mega autogrill. Tutto questo per permettere di piazzare senza troppi costi 3 milioni di metri cubi di materiale di risulta di scavo. Tutto materiale che avrebbero dovuto smaltire come si fa con i rifiuti, seguendo cioè una serie di procedure costose. Invece quella montagna di detriti è stata coperta da una colata di cemento chiamata ancora una volta “grande opera”. Opera a cui si è legata un’altra mega operazione, quella dell’autogrill. E magari prima o poi lì attorno ci costruiranno altro ancora, è una catena infinita.

Nessuno ha pensato di usare i soldi in un altro modo?

No, non è nei piani. Gli interventi compensativi finanziati fino ad oggi, e parlo di oltre 10 di lavori, hanno sempre avuto a che fare col cemento. Un parcheggio, una nuova strada dove prima c’era un bosco, una piazzola di sosta dove non serviva. Asfalto su asfalto per risparmiare 14 minuti su una tratta, la Bologna-Firenze, che altrimenti avrebbe richiesto comunque poco meno di un’ora. E per ogni minuto guadagnato quanti servizi locali sono stati impoveriti? I pendolari sanno cosa vuol dire viaggiare su treni vecchi e costantemente a rischio guasti. La Tav è come una sedia di alto design, ma in una casa che crolla, con un tetto che perde acqua e infissi marci. Quella casa è l’Italia.

Perché non c’è stata una protesta popolare? In Valle di Susa ad esempio le cose vanno diversamente

Quando nel Mugello furono annunciati i lavori dell’alta velocità tutti i consigli comunali salvo Fiorenzuola si opposero. I sindaci furono chiamati a Roma assieme a Chiti, allora presidente della Regione Toscana. Uno alla volta, presi singolarmente, furono convinti a firmare, e questo pur avendo un mandato contrario da parte dei loro consigli comunali. La democrazia fu violata nella sostanza eppure la formalità vide una serie di firme dare il via libera alla Tav. Le grandi opere hanno fatto del Mugello un laboratorio di devastazione ambientale. Nessuno ha alzato la testa, e i danni sono ormai irreversibili.

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