Non è vero che i parlamentari italiani sono i più privilegiati d’Europa. Montecitorio corre ai ripari e cerca di smentire la commissione presieduta dal presidente dell’Istat che in 37 pagine ha in parte fotografato i costi della politica italiana eleggendola la più cara del vecchio continente. In particolare per quanto riguarda l’indennità. L’ufficio stampa della Camera smentisce: la cifra di 11.283,28 euro mensili è riferita al lordo, “i deputati percepiscono 5000 euro netti al mese“. Netto che “risulta inferiore rispetto a quello percepito dai componenti di altri Parlamenti presi a riferimento”.

Così, secondo l’elaborazione realizzata dalla Camera, nel nostro Paese l’indennità è di circa 5000 euro contro i 5030 della Francia, i 5100 della Germania e i 5400 dell’Austria. Inferiore invece nei Paesi Bassi dove l’indennità degli onorevoli si ferma a 4600 euro. Analizzando la busta paga di un senatore del Parlamento italiano, tuttavia, emerge una realtà ben diversa. E’ vero che l’indennità non supera i 4mila euro, ma allo stesso tempo non è l’unica voce del ‘netto a pagare’. Gli inquilini di Palazzo Madama (così come per quelli di Montecitorio), infatti, possono godere delle cosiddette “competenze accessorie”, all’interno delle quali rientrano la diaria per il soggiorno a Roma, i rimborsi spesa e gli stipendi dei collaboratori. A quanto ammontano le competenze accessorie? A oltre 7mila euro netti al mese. Facendo di conto, quindi, lo stipendio netto di un senatore della Repubblica Italiana è ben superiore a 10mila euro (ovviamente netti) al mese.

Nella giornata di ieri è stata trasmessa al Presidente della Camera dei deputati dal Presidente della Commissione governativa sul livellamento retributivo Italia-Europa, professor Enrico Giovannini, la relazione sull’attività e i risultati della Commissione medesima al 31 dicembre 2011. “Come correttamente precisato nel documento – si legge in una nota di Montecitorio – i dati contenuti nella Relazione sono del tutto provvisori e di qualità insufficiente per una loro utilizzazione ai fini indicati dalla legge. Sicchè con riguardo alle notizie diffuse in merito dagli organi di stampa alcune precisazioni si impongono ai fini di una compiuta informazione dell’opinione pubblica. Va, innanzitutto, sottolineato che dalla tabella di comparazione contenuta nella Relazione della Commissione – che conferma quanto emerso dallo studio effettuato dagli Uffici della Camera – si ricava che il costo complessivo sostenuto per i deputati italiani in carica è inferiore rispetto a quello sostenuto dalle Assemblee dei Paesi europei con il Pil più elevato”.

Secondo Montecitorio “va chiarito che nel documento l’importo dell’indennità spettante ai deputati italiani (pari a 11.283,28 euro) è indicato al lordo delle ritenute previdenziali, fiscali e assistenziali. Invece, al netto di tali ritenute – ivi comprese le addizionali regionali e comunali la cui misura varia in relazione al domicilio fiscale del deputato – l’importo dell’indennità parlamentare, che è corrisposta per dodici mensilità, è pari mediamente a 5.000 euro. Tale somma si riduce ulteriormente per i deputati che svolgono un’attività lavorativa per la quale percepiscono un reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità parlamentare. Sono queste, dunque, le cifre cui bisogna guardare per individuare quanto effettivamente viene posto a disposizione dei deputati a titolo di indennità parlamentare. Comparando tale dato con quello degli altri Paesi europei, tenendo conto dei differenti regimi fiscali, l’ammontare netto dell’indennità parlamentare erogato ai nostri deputati risulta inferiore rispetto a quello percepito dai componenti di altri Parlamenti presi a riferimento. I dati forniti nella Relazione – nella loro dichiarata provvisorietà e incompletezza – potranno comunque rappresentare un utile elemento di riferimento per le prossime autonome iniziative dei competenti organi parlamentari, volte a rideterminare costi ed emolumenti sostenuti per i deputati italiani, anche con riferimento al regime dei collaboratori”.

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