Il crollo del liceo di Rivoli (Torino)

Una cosa balza subito agli occhi: ben undici comuni, tra cui Roma, Bari e Varese, hanno inviato dati talmente frammentati che sono fuori dalla graduatoria di Legambiente sulla sicurezza dei nostri edifici scolastici. L’indagine, che ha preso in esame 7.114 scuole d’infanzia primarie e secondarie, in 93 comuni e 50 province, su una popolazione di quasi due milioni di studenti tra i tre e i diciotto anni, traccia un quadro per niente roseo: il 36% delle strutture necessita di interventi urgenti di impiantistica e prevenzione incendi, oltre il 50% degli edifici si trova in area a rischio sismico, il 9% è a rischio idrogeologico, meno del 50% delle strutture possiede il certificato di collaudo statico, solo il 56,05% ha l’idoneità statica e appena il 10,14% è realizzato con criteri antisismici.

Secondo il rapporto, tuttavia, quasi in tutte le scuole vengono fatte prove di evacuazione (95,07%), più del 90% ha le porte antipanico, ma la certificazione di prevenzione incendi è solo del 35,4%, quella igienico-sanitaria è solo del 69,76% (in Veneto scende al 13,79%), e le scale di sicurezza sono presenti in poco più del 50%.

Dal dossier emerge inoltre che le scuole italiane non testano neanche il rischio ambientale: malgrado la legge 257 del 1992 richieda alle regioni il censimento degli edifici, il 18% dei comuni non fa il monitoraggio di quelli che potrebbero contenere amianto. E in testa nella graduatoria del rischio, calcolata per presenza di fonti d’inquinamento interno ed esterno, non passano di certo inosservate Pisa, Modena, Salerno, Genova e Torino. La classifica mette in luce anche la forbice tra il patrimonio nelle diverse aree del Paese: sud e isole, pur avendo edifici più giovani, dichiarano maggiori necessità di manutenzione urgenti, il 52% al sud e il 53% nelle isole, a fronte del nord e del centro, intorno al 26%. Tiene unita la penisola, si fa per dire, la carenza di palestre: ne sono sprovviste più della metà delle scuole.

“Ci saremmo aspettati di poterci finalmente confrontare con i dati dell’anagrafe scolastica, l’attendiamo da quindici anni” – denuncia Vanessa Pallucchi, responsabile Legambiente Scuola e Formazione. “L’accelerazione dopo il crollo di Rivoli ci aveva fatto sperare. Invece del miliardo di euro di fondi per le aree sottoutilizzate deliberato dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) i rimanenti 400 milioni sono ancora da ripartire”. Nel 2011 non sono previsti nuovi finanziamenti e le uniche risorse aggiuntive ai fondi Cipe sarebbero i 115 milioni per le scuole e relativi al 5% del fondo infrastrutture del 2010, ma la conferenza delle regioni lamenta che non sono noti i criteri di riparto. Questa continua incertezza mette in crisi gli enti locali che investono quasi 41mila euro per la manutenzione straordinaria di ogni struttura e poco più di 10mila per quella ordinaria. “Cifre del tutto inadeguate – sottolinea Pallucchi – ora che l’emergenza è l’adeguamento normativo e la messa in sicurezza”, e conclude: “Serve una pianificazione a medio-lungo termine, per questo chiediamo un quadro preciso sulle condizioni dei nostri circa 42mila edifici scolastici.”

Un patrimonio immobiliare vecchio. Solo il 7,12% è stato costruito negli ultimi venti anni (fa eccezione il Trentino col 27,11% realizzato dopo il ‘90), e risponde a criteri di bioedilizia solo lo 0,39%, mentre gli interventi messi in opera per eliminare le barriere architettoniche solo il 14,37%.

Altro punto critico è l’amianto. Proprio negli ultimi mesi a Roma è stato rimosso da una scuola di Montespaccato, dalla Bitossi alla Balduina, mentre tracce di questa sostanza sono state trovate alla materna San Gualtero, a Lodi, e alla Largo Leonardo da Vinci, nel quartiere San Paolo della capitale, dove la mensa è invece chiusa da tempo proprio per la presenza di amianto. Stesso discorso per il radon, che viene monitorato solo dal 30% delle amministrazioni mentre sono sottovalutati i rischi dovuti alla vicinanza di elettrodotti, monitorati solo dall’11% dei comuni e presenti in una percentuale del 7,69% nella sola area nord. Percentuali troppo alte anche per l’inquinamento acustico, il 10,5% delle scuole è a meno di un chilometro da fonti di rumore e quasi il 17% a meno di 5 chilometri da industrie. Per non parlare delle scuole d’infanzia vicine alle antenne per i cellulari: in media il 15%, con picchi al nord, dove la percentuale sale al 28,42% e in quella delle isole, stimata al 26,42%.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

In direzione ostinata e contraria

next
Articolo Successivo

La Gelmini non licenzia, elimina posti di lavoro

next