La bellezza di 8 milioni di euro della Regione Emilia Romagna, 450 mila euro del Comune di Bologna. Tanto è costato già il People mover alle tasche dei cittadini emiliano romagnoli. Tre giorni fa l’assessore regionale ai Trasporti, Alfredo Peri aveva detto davanti ai consiglieri comunali: “La Regione è talmente convinta della validità del People mover che abbiamo pagato la prima rata di contributo”. In verità, se anche la Regione fosse stata non convinta, fin dallo scorso dicembre avrebbe dovuto comunque pagare la prima rata del contributo.

Il bando di gara e il contratto per la monorotaia Stazione-Aeroporto stipulato con il concessionario Marconi Express, infatti, prevedono che l’ente di viale Aldo Moro liquidi “il 30 % dei 27 milioni Iva inclusa ad avvenuta presentazione del progetto definitivo”. Il totale preciso è di 8 milioni e 100 mila euro versati lo scorso dicembre 2010, quando il progetto fu approvato da Anna Maria Cancellieri, attuale ministro degli Interni, allora commissario straordinario del capoluogo emiliano.

Le spese sostenute finora dal Comune di Bologna sono invece pari a 453.518 euro. Niente male per un’opera nata per essere pagata e gestita dai privati e che al Comune non doveva costare niente. Le spese di palazzo d’Accursio, dai tempi di Sergio Cofferati, hanno riguardato “l’assistenza alla progettazione preliminare, l’acquisizione di pareri preliminari, le sottoscrizione degli accordi con vari enti, la variante al Piano Regolatore, la procedura di gara, la conferenza dei servizi per l’approvazione del progetto definitivo, la valutazione di impatto ambientale e la validazione (ancora in corso, ndr) del progetto esecutivo”.

A questo punto, viste queste spese ci si chiede: è possibile interrompere le procedure che porteranno all’inizio dei lavori, come chiedono politici, comitati e semplici cittadini?

“Fermarsi è ancora possibile”. Alla fine del maggio scorso l’allora numero uno della Coop Costruttori di Bologna, Adriano Turrini, aveva ammesso la possibilità di interrompere l’inizio dei cantieri per il People mover, che la sua sua stessa ditta avrebbe dovuto costruire. “A differenza di altri casi, stiamo parlando di un’opera che materialmente non si è ancora avviata, se c’è da fermarsi ora costerebbe meno”. Turrini, sostenitore convinto della monororotaia stazione-aeroporto, ora fa un altro mestiere, ma le sue parole valgono ancora. I cantieri infatti non sono ancora stati aperti e i contratti di finanziamento con le banche non ancora firmati. È vero che andrebbero persi quegli 8 milioni già versati dalla Regione, ma verrebbero salvati gli altri 19 milioni non ancora investiti dalla Regione nel trenino.

Diversi motivi per fermarsi a riflettere Le ragioni per non fare partire i lavori della navetta o almeno per attendere che si faccia chiarezza sono di due ordini. Ci sono motivazioni che entrano nel merito della utilità e della efficacia del sistema di trasporto in sé e motivi di carattere contrattuale. In questo articolo prenderemo in considerazione solo queste ultime, che in questi mesi il nostro giornale ha seguito con più attenzione.

Il bando di gara. L’infrastruttura, secondo la gara vinta nel 2009 dal Consorzio Cooperative Costruzioni (CCC), dovrebbe costare 92,5 milioni di euro, di cui 60 a carico dei privati (che lavoreranno in project financing, gestendo l’opera e incassando i ricavi per i prossimi 35 anni) e 30 milioni – come visto sopra – a carico del pubblico (Regione e società aeroporto).

Paga tutto il Comune. Il rischio d’impresa però se lo accolla il pubblico e spieghiamo perché. Il CCC ha vinto l’appalto con questa offerta: 35 anni di concessione durante i quali, se i passeggeri non raggiungono mediamente il milione, il Comune rimborserà la differenza al 100% (con l’eccezione del primo e secondo anno: 60  per cento e l’85 %), fino a un massimo di 1 milione 400 mila euro l’anno. Dall’altra parte, se invece i passeggeri dovessero superare il milione e 200 mila, il solo 25% dei ricavi oltre quella soglia andrà al Comune.

Non è solo il bando di gara in sé a essere quasi senza rischio di impresa. È la stessa impresa, o meglio la società di gestione Marconi express a essere stata costituita in maniera paradossale. Il 13 gennaio 2010 il CCC che – come abbiamo visto – aveva vinto la gara, crea una società di progetto: la Marconi Express. La società, che secondo il contratto di concessione è diventata automaticamente il solo concessionario del People mover, è una Spa partecipata al 75% dal CCC, e al 25% da Atc. Quest’ultima è un’azienda a partecipazione totalmente pubblica e il Comune di Bologna ne è il maggiore azionista con il 59,65% (la Provincia ha il 37,15% delle quote).

I patti societari prevedono che entro il 2020 Atc rilevi il 100% delle azioni di Marconi Express, accollandosi tutti i rischi e i debiti con le banche. Le coop usciranno dall’affare, e in questo modo Atc, che appartiene al Comune, diventerà concessionario unico di se stesso e in project financing. Ecco fatto: il pubblico prenderebbe su di sé tutti i rischi e le responsabilità dei privati.

Le indagini in corso. Proprio per questo paradosso le magistrature contabile e ordinaria hanno aperto un’inchiesta, dopo l’esposto presentato all’inizio del 2010 dall’ex consigliere comunale Daniele Corticelli. “Il procedimento è ancora in corso e ci si sta lavorando nell’ambito di quella che è la propria competenza e possibilità”, dichiarò a giugno al ilfattoquotidiano.it, Pasquale Principato, procuratore alla Corte dei Conti di Bologna. Ciò che sembra certo è che se la stessa Corte dei Conti (e anche la Procura della Repubblica) dopo quasi due anni ancora lavorano sul caso, evidentemente il danno erariale è potenziale, atteso. Né CCC né Atc comunque sono stati sentiti dai magistrati.

I soci introvabili. Anche per questo motivo il Comune è corso ai ripari e da mesi è alla ricerca di nuovi soci, pubblici o privati, che entrino nella compagine azionaria per sgravare il più possibile Atc e rendere più presentabile l’operazione finanziaria costruita all’inizio del 2010.

Intanto CCC, che ricordiamo è la ditta che vinse l’appalto, ha promesso che non uscirà dalla Marconi express, senza però dire con che quota vi rimarrà dentro. Tra gli aspiranti nuovi azionisti si è fatta avanti pubblicamente solo Nuova Mobilità, un consorzio di ditte trasporti private di cui fanno parte anche le cooperative bolognesi Saca e Cosepuri. Le due coop, già da venti anni, gestiscono insieme ad Atc il pullman Aerobus che oggi collega il centro di Bologna all’aeroporto Marconi. È normale che si interessino all’affare, visto che quell’autobus sparirà, per contratto, alla partenza del People mover.

Nei giorni scorsi la Sab, la società aeroportuale che già finanzia il People mover, dopo una riunione alla presenza di tutti gli attori interessati, non ha sciolto la riserva sul suo ingresso nella partecipazione azionaria di Marconi express. A vedere le facce degli invitati alla riunione col sindaco Virginio Merola, sembra chiaro che l’Aeroporto non scalpiti per entrare in quella società. Forse ha paura che non sia così redditizia e del resto il fatto che Marconi express abbia già chiesto un allungamento a 40 anni della concessione la dice lunga: i conti non tornano neanche per loro.

Le grane politiche. il People mover diventato Pd-mover Attaccata e criticata inizialmente solo dal Movimento 5 stelle, da quando si è fatta luce su questi strani intrecci finanziari, la monorotaia è ormai difesa dal solo Partito democratico. Nella maggioranza il voto in consiglio comunale di lunedì scorso ha sancito la presa di distanza dall’opera sia di Sinistra ecologia e libertà che dell’Italia dei Valori. Entrambi i partiti di fronte a una richiesta di sospensione del M5S si sono astenuti. Se avessero votato esplicitamente con le opposizioni la giunta sarebbe andata in minoranza.

Poi c’è la questione delle 3.700 firme raccolte dal comitato No People mover, per ridiscutere pubblicamente l’opera. Il sindaco ha detto chiaramente che i lavori, finita o meno l’istruttoria, a febbraio dovranno partire, perché ormai “l’opera è decisa”.

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