Ora tutto quello che il “ministro delle televisioni di B.” può fare è inviare al commissario europeo per la Concorrenza Joaquin Almunia il bando di gara. Ed è meglio che si sbrighi, altrimenti l’Italia si troverà a dover pagare qualche centinaio di milioni di euro per la procedura d’infrazione che la Commissione europea ha aperto sulla legge Gasparri, evitabile solo allargando il mercato televisivo e cioè, ancora una volta, superando il duopolio Rai-Mediaset nell’etere tricolore. Secondo la Commissione infatti le reti del Biscione e quelle del Servizio pubblico sono isolati dalla concorrenza. Romani dice che vuole “assolutamente mantenere” l’impegno preso con la Commissione europea, ma in realtà mastica amaro: ha fallito nella missione di tener fuori o ritardare a colpi di burocrazia lo sbarco di Sky sulle frequenze che il Cavaliere vorrebbe solo per il duopolio “Raiset”.
Peccato che la legge dica che il regolamento del “beauty contest”, la procedura per l’assegnazione dell’etere liberato dal passaggio al digitale, deve essere emanato dall’Autorità garante nelle comunicazioni. Al ministero spetta solo l’organizzazione materiale dell’asta. Insomma, secondo il Consiglio di Stato, il ministero diretto da Romani non aveva nessun diritto di interferire nelle regole dell’asta decise dall’Agcom.
Ora Romani non può più tergiversare e dagli uffici del ministro fanno sapere al Fatto Quotidiano che il bando è pronto, “lo stanno rifinendo”, e verrà trasmesso a Bruxelles entro l’inizio della prossima settimana. Poi toccherà all’Europa valutarlo in tempi brevi, che non dovrebbero superare la decina di giorni. Anche perché Almunia sta monitorando la guerra delle tv, e questa battaglia in particolare (cominciata un anno fa), con sempre maggiore insofferenza. Tanto che lo scorso gennaio ha ricordato al governo che la procedura d’infrazione è aperta e va risolta.