Girerò per 5 mesi, aveva promesso, perché serve un viaggio che porti “al cuore delle persone“. Nel frattempo i mesi sono diventati due e mezzo e Renzi chiede ai militanti di suggerirgli le città da cui passare. “La politica italiana sembra improvvisamente in mano alla nostalgia” dice. Così stavolta punterà su un mezzo avveniristico: il treno. “Ci sarà una carrozza per gli incontri con le realtà del territorio e una per i social” e in effetti è una notizia vista la tenuta del wi-fi su molti treni ad alta velocità. Per ripartire dopo l’estate, il segretario del Partito democratico sceglie la sicura strada già segnata della ferrovia, che rimanda più alla conquista del West che non a quella dello Spazio. E’ anche vero che ormai c’era poco da inventarsi, visto che hanno già usato di tutto, i rottamatiNavi, aerei, pullman, tir, barche a vela, a remi e a motore, scooter, camper, auto, dove i più intervistati diventano autisti, piloti, capitani, macchinisti, manutentori, uomini di fatica. I giornalisti di solito danno il meglio: soffre di mal di mare?, gli danno fastidio le curve?, davvero ha lanciato l’ancora?, compra la Rustichella come tutti? Poi naturalmente tram e autobus – sui quali sotto elezioni restano solo posti in piedi perché è pieno di politici a volantinare – e perfino finte mongolfiere che i Democratici lanciarono per poter invitare a vedere “gli asini che volano”. (Per i più giovani: il simbolo dei Democratici di Arturo Parisi era un asinello). Quindi – a differenza di Salvini che può sempre contare sulla ruspa – per restare moderni a Renzi restavano i rollerblade e il segway, ma forse sarebbe stato un po’ troppo avanti.

Corre, corre, corre la locomotiva
Di sicuro nella scelta di Renzi a favore del treno non c’è niente di scaramantico perché chi ha usato la rotaia per stare “in mezzo alla gente” – il magicabula più amato dalla propaganda di ogni era – ha avuto risultati alterni. Negli Stati Uniti – dove il giro in vagone dei candidati lo vedono da settant’anni – Harry Truman nel 1948 vinse per il rotto della cuffia, mentre George Bush padre nel 1992 perse malissimo. Quello fissato coi treni in Italia fu Francesco Rutelli, ora deragliato da un po’ ma produttore di classe dirigente, a partire da Palazzo Chigi. Siccome Romano Prodi cinque anni prima aveva scelto il pullman e siccome il centrosinistra era finito com’era finito, tritato tra Bertinotti e D’Alema (che poi hanno avuto tempo per battersi il petto), il candidato premier della sfida impossibile del 2001 a Berlusconi scelse appunto il treno. Anche quella volta descrivevano la locomotiva come se fosse Galaxy, il trenino che nei cartoni viaggiava – quello sì – nello spazio al tempo degli Oliver Onions. “Cinque chilometri di cavo cablato, collegamenti telefonici fax e internet, 29 monitor per proiettare filmati e video, 42 casse per la diffusione audio, 20 personal computer a disposizione di staff visitatori e giornalisti” raccontava l’AdnKronos. Anche all’epoca era proprio uno spasso. Per ingolosire la base elettorale per esempio sul treno avevano allestito sette mostre, una di Jean-Michel Folon. Per 35 giorni, raccontò lo chef di bordo, Rutelli chiese solo pasta al pomodoro e basilico e pasticcini al cioccolato. Ciononostante il convoglio dell’Ulivo mise insieme 5200 chilometri e 60 città senza che a bordo scoppiassero risse. Anche perché tra i numeri che lo staff tenne a diffondere c’era anche quello degli aperitivi: 5mila. L’Ulivo da bere ci credeva. Ma Gianfranco Fini all’epoca era ancora quello che sapeva da che parte stare: “Io non ho mai visto treni capaci di sorpassare”.

Non contento Rutelli usò il treno anche alle amministrative del 2006, sfidando la sorte dopo la vittoria col sudorino dell’Unione di un mese prima, ma l’unico risultato che non andò, in fondo, fu Milano che scelse Letizia Moratti. L’idea del treno contagiò anche il segretario del Pd Dario Franceschini nel 2009 che così voleva “rilanciare la questione meridionale“: il centrosinistra perse una quarantina di città tra capoluoghi e non, la gran parte delle quali al Nord. Un anno dopo la propaganda su rotaia fu quella del Movimento Cinque Stelle, che allora ancora emetteva vagiti. “Siamo un virus che si sta espandendo” minacciava Beppe Grillo, scendendo alla stazione di Napoli. In Lombardia Crimi prese il 3 per cento, in Campania Fico prese l’uno.

Il pullman di Prodi, l’unico alla meta
Il primo a farlo strano, che si sappia, fu Romano Prodi, col pullman che ora tutti rimpiangono come se fosse un vecchio nonno saggio senza il quale la famiglia si guarda in cagnesco. Il bus non l’ho imitato da Clinton, disse Prodi, ma da Gandhi. E non era il bus scoperto e scintillante che userà molto più avanti il candidato sindaco di Roma Gianni Alemanno. Era un vecchio diesel Iveco. Partì da Tricase, provincia di Lecce, a caso: il Professore raccontò che scelse quel posto puntando il dito a casaccio sulla cartina. Il diesel si mise in moto mentre ancora il Partito popolare stava finendo di litigare con Buttiglione che voleva trasportare tutti dall’altra parte, con Berlusconi. E finì con la prima delle centinaia di morti politiche dichiarate per il Cavaliere. Visto che il pullman a Prodi funzionò bene, Veltroni cercò di utilizzare l’amuleto un paio di volte: nel 1999 per le Europee (e i Ds non fecero sfaceli, 17 per cento) e nel 2008 per la mitica corsa all’autosufficienza che finì con il Pd ristretto e la sinistra di governo trasformata di botto in extraparlamentare.

Pedalano tutti, ma la Pavesina ce l’ha solo Monti
I più comodi certo sono stati gli scooteroni di Roberto Giachetti e Alessandro Di Battista, con la differenza che il deputato del Pd lo usa per abitudine ad esempio quando va allo stadio mentre quello del M5s l’ha usato in modo para-militare per il Costituzione coast to coast e poi l’ha venduto per 10mila euro (donati ad Accumoli). Le bici, invece, sembra che le inforchino tutti: dal candidato premier Rutelli per le vie di Milano nel 2001 a Virginia Raggi, fino a Giancarlo Cancelleri passando per lo stesso Renzi che però per ora non c’ha fatto ancora campagna elettorale. In tram fu visto l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, in autobus il palazzinaro Alfio Marchini, in metropolitana la Raggi insieme a Luigi Di Maio. “Direzione Ostia, il treno giusto siamo noi” non si lasciò scappare l’occasione la sindaca allora in pectore. Il primo a scegliere un tir fu Gianfranco Fini: era lungo 17 metri, i colori erano il bianco e l’azzurro della Lazio che al netto della fede del leader non è proprio vincentissima. Lo slogan fu Il futuro? A destra rischiando l’ambiguità su cosa c’è quasi sempre, in fondo, a destra. Il secondo fu Prodi e l’autoarticolato era giallo: là sopra salì con i trecento leader dei partiti dell’Unione per annunciare la vittoria per 24mila voti. A piedi ci provò tra gli altri Walter Baumgartner, Südtiroler Volkspartei, alle Provinciali del 2008 in Alto AdigeMario Monti non lasciò niente, ma proprio niente, ma niente niente di intentato per apparire passatello alle elezioni del 2013: mandò in giro un furgone Pavesi.

Capitan Berlusconi
Il mare è andato molto di moda soprattutto in primavera inoltrata e soprattutto al Sud. Nel 2000 la lista Bonino mandò in giro la “barca della libertà”, mentre Clemente Mastella – il più ondeggiante – fu visto girare su un gozzo condotto da Peppiniello di Capua a Marina Grande di Sorrento. Nel 2005 Alfonso Pecoraro Scanio – di lì a poco ministro – convinse i suoi elettori con una barca a vela e forse li cercò un po’ troppo al largo visto che i Verdi presero il 2.

Chi trionfò fu come al solito Silvio Berlusconi che – altro che treni imbacuccati e finte mongolfiere – inventò la crociera elettorale. Fu così che vinse le Regionali del 2000 e spinse Massimo D’Alema alle dimissioni da presidente del Consiglio. L’allora capo dell’opposizione Berlusconi noleggiò una nave della Grandi Navi Veloci, la Excellent, per una convention itinerante che poteva contenere fino a 3mila persone, con suite anche di lusso. Come se non bastasse, quando si fermava nei porti, in cielo passavano anche aerei Cessna con striscioni volanti. A Livorno tentarono un improbabile abbordaggio quelli di Rifondazione con un barcone da pesca riempito di bandiere rosse. Cantarono vittoria quando Berlusconi annullò il suo comizio, ma non era merito loro, piuttosto di un’influenza. Il sindaco di Livorno Gianfranco Lamberti, con ironia raffinata, invitò il capo di Forza Italia a scendere e farsi portare al Goldoni, dove si consumò la rottura del Psi premessa della nascita del Pci di Gramsci. Ma Berlusconi all’epoca era ancora molto permaloso: “Non intendo andare in pellegrinaggio in un luogo che considero una jattura, che ha prodotto un incubo nazionale”.

Camping, roba da giovani
C’è chi ancora una volta consente a Renzi di non essere ancora del tutto passé: i ragazzi di Mdp hanno scelto il modernariato di una Y10 per convincere gli elettori a votare Bersani e D’Alema. Con un camper i Cinquestelle possono dire di aver fatto vincere il No al referendum costituzionale. Con un camper nel 2014 Matteo Renzi conquistò invece il Partito Democratico. Raccontava la Stampa, all’epoca, che girava l’Italia come una trottola con un autista, una portavoce, uno che si occupava delle fotografie e uno degli incontri e che in quarantott’ore riuscì a fare Taranto, Lecce, Brindisi, Bari, Trani, Matera, Potenza, Foggia, Campobasso e Isernia. “Sempre sale strapiene, sempre a ripetere più o meno le stesse cose” notava il giornale. Aveva quasi un altro fisico, un’altra tempra. Un altro trasporto, proprio.

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