Doveva essere il primo passo di un aiuto concreto dell’Unione europea all’Italia sull’emergenza migranti, ma sarà un nulla di fatto. A neanche 24 ore dalle promesse e degli attestati di solidarietà dei Paesi Ue nei confronti del governo di Roma, ci ha pensato direttamente il governo estone (l’Estonia dovrà gestire i lavori del Consiglio Ue in materia per i prossimi sei mesi) a spiegare che l’incontro tra i ministri degli Interni europei in programma mercoledì a Tallinn tutto sarà tranne che la tanta auspicata svolta invocata dal premier italiano Paolo Gentiloni. L’ennesimo nulla di fatto, questa volta comunicato con cinque giorni d’anticipo, a testimonianza di come l’interesse europeo ad aiutare l’Italia sia più un fatto di facciata che una reale intenzione degli Stati membri. Difficile, del resto, non interpretare in questo modo le parole del ministro dell’Interno estone Andres Anvelt: “Non daremo nessuna risposta, ma ascolteremo dall’Italia quali sono stati i cambiamenti quest’ultima settimana” per vedere “come affrontare la questione della protezione delle frontiere, dei porti e le relazioni con la Libia“. Una chiusura netta, quindi, alle richieste di Roma, che da mesi chiede una politica diversa sul ricollocamento dei migranti già arrivati e la possibilità che anche i porti degli altri Paesi Ue accolgano le navi delle ong impegnate nel Mediterraneo.

Andreas Anvelt, del resto, ha risposto in maniera netta a chi gli chiedeva le soluzioni concrete in preparazione: non ce ne saranno. “Il ministro dell’interno italiano prenderà la parola per spiegare quanto sta succedendo, e poi ci sarà una discussione tra i 28″ ha detto Anvelt, spiegando cosa accadrà al Consiglio Ue affari interni informale della prossima settimana. Che, in quanto informale, non può prendere decisioni. Formalismi, certo, ma che servono a rimandare la soluzione della questione. Che per chi ospiterà la riunione di mercoledì prossimo è molto semplice (eufemismo): “Dobbiamo parlare e pensare a soluzioni attraverso la solidarietà – ha detto Anvelt – ma se diamo un primo segnale sulla protezione delle frontiere, la riduzione al massimo dell’immigrazione illegale e i rimpatri, poi sarà più facile procedere sul resto”. Cosa intende Anvelt per “il resto”? I ricollocamenti e la riforma del sistema d’asilo europeo, ovvero ciò su cui punta “l’eroica Italia” (copyright Juncker). “Il file più complicato è quello della solidarietà” ha ammesso il governo di Tallinn, specificando che “è il tema più difficile ma ci dobbiamo muovere con capacità di comprensione per gli altri”. Poi ha aggiunto che “forse non sono state sfruttate al massimo tutte le possibilità che l’Ue ha” in termini economici e diplomatici, dalla cooperazione con i Paesi terzi come la Libia all’ulteriore rafforzamento delle competenze di Frontex ed Easo.

Uno smarcamento a tutti gli effetti, quindi, preceduto anche dall’atteggiamento del governo francese. Se ieri Macron si era detto pronto ad aiutare l’Italia “ma non per i migranti economici”, oggi il portavoce del ministero degli Esteri francese ha detto che la risposta alla richiesta di Roma sulla crisi dei migranti “deve essere europea”. Altro che accogliere i migranti nei propri porti, quindi. La conferma proprio dal diplomatichese con cui Parigi rispedisce al mittente la questione: “I prossimi incontri che si svolgeranno la settimana prossima, in particolare, il consiglio informale ‘Giustizia e Affari Internì a Tallinn – ha fatto sapere il Quai d’Orsay – consentiranno di elaborare la risposta, che deve essere europea, alle richieste italiane”.

Musica diversa rispetto a quella ascoltata ieri in Germania, quando tutti (Merkel, Rajoy, Juncker e Macron) assicuravano aiuti e sforzi possibili per aiutare Roma. Posizione peraltro confermata in giornata dalla Germania, con il portavoce Steffen Seibert a ripetere il mantra secondo cui “i Paesi che sono colpiti da un forte flusso migratorio non devono essere lasciati soli”. “La Germania aiuta con la relocation già l’Italia e si aspetta che anche gli altri stati Ue adempiano ai loro obblighi di accoglienza” ha detto Seibert, sottolineando che si verificherà “la prossima settimana” se, oltre all’invio di esperti e all’accoglienza di quote di 500 migranti da parte della Germania, “si possa dare aiuto in altro modo”. Parole precedenti a quelle di Tallinn, che di fatto rendono nulle le promesse della Germania e degli altri. Tra questi anche Jean Claude Juncker: “Vedrò con il primo ministro italiano e con il primo ministro greco la prossima settimana quali ulteriori sforzi la Commissione possa attuare per aiutare l’Italia e la Grecia nelle loro difficili sfide” aveva detto il presidente della Commissione europea nel corso della visita al governo estone alla vigilia del semestre di presidenza di Tallin del Consiglio dell’Unione europea.

Tra chi era pessimista sulla volta europea nella solidarietà all’Italia c’era e c’è di sicuro Romano Prodi, che in mattinata in qualche modo aveva anticipato l’ennesimo nulla di fatto. “Mi preoccupa la posizione francese – ha spiegato il professore riferendosi alla distinzione tra i rifugiati politici ed i cosiddetti migranti economici fatta da Macron – perché, col cervello, distinguiamo tra i rifugiati per motivi politici e quelli che vengono qui per motivi di fame, ma io ho visto come vanno in pratica le cose. Uno fugge per motivi politici oppure per motivi di reddito basso, di fame. Rimane in un campo profughi per due o tre anni e poi viene qui. Ma come facciamo a distinguere? Le dichiarazioni di ieri di Macron – ha concluso – mi pongono un punto interrogativo, vediamo cosa succede nei prossimi giorni”. L’interrogativo di Prodi, alla luce delle parole del ministro degli Interni estone, ha già avuto risposta: i tempi per un aiuto concreto (se mai ci sarà) si allungano ulteriormente.

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