“Forse dire che è un’istigazione all’illecito è troppo. Ma si tratta senz’altro di un incentivo all’abuso”. Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil, sceglie con calma le parole da utilizzare. È lei la responsabile nazionale del mercato del lavoro; è lei che, più di tutti, ha seguito in queste settimane la questione dei voucher. E il suo giudizio sull’emendamento presentato dal Pd in commissione Bilancio, alla Camera, nelle scorse ore, è lapidario: “Una truffa”.

Dove sta l’incentivo all’abuso? Scacchetti non ha dubbi: “Al comma 18”. Quello, cioè, che prevede per il committente che richiede una prestazione di lavoro occasionale la possibilità di  “revoca della dichiarazione trasmessa all’INPS entro i tre giorni successivi al giorno programmato di svolgimento della prestazione”. Spieghiamo meglio. “In sostanza – argomenta Scacchetti – io che sono il datore di lavoro posso comunicare online, sul portale dell’Inps, la mia intenzione di avvalermi di una prestazione occasionale: di convocare un collaboratore, insomma. Basta qualche clic, fino a un’ora prima dell’inizio dell’attività, per avviare la procedura. Poi, però, ho 3 giorni di tempo per segnalare che quella prestazione, per un qualsiasi motivo, non è avvenuta. E in quel caso, l’Inps non provvede al pagamento e all’accredito dei contributi previdenziali previsti”. Tutto chiaro. E dunque? “E dunque, qualsiasi datore malizioso ha una soluzione molto facile a portata di mano: comunicare sempre che la prestazione non c’è stata e poi pagare in nero il lavoratore. Ipotesi per nulla remota, anche in virtù della grande difficoltà di effettuare i controlli”.

Non è questa, però, l’unica stortura dell’emendamento riscontrata dai tecnici del sindacato di Susanna Camusso. C’è un’altra “grossa magagna”, anzi meglio: “una furbata”. Riguarda il limite di grandezza delle aziende che possono usufruire del nuovo contratto di lavoro occasionale: solo quelle “che hanno alle proprie dipendenze non più di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato”, recita il comma 14, potranno servirsene. “Il che – fa subito notare Scacchetti – non significa che sono escluse ‘tutte le aziende con più di 5 dipendenti’ come era stato anticipato”. I dipendenti potrebbero anche essere decine, in effetti: basta che non più di 5 di loro siano assunti a tempo indeterminato. “E questo è assurdo: stiamo parlando di milioni di imprese. Altro che limitazioni”.

Scacchetti sfoglia le quattro pagine dell’emendamento, alla ricerca di altri punti critici. Uno lo trova al comma 3, e lo definisce “frutto di un pasticcio legislativo”. Perché? “Perché si stabilisce che questo genere di lavoratori hanno diritto al riposo giornaliero, alle pause e ai riposi settimanali secondo i parametri fissati in una legge, la 66 del 2003, che in realtà si rivolge ai lavoratori subordinati”. Ebbene? Non sarebbe normale? Di fatto si tratta di un lavoro a tutti gli effetti eterodiretto, e non di una collaborazione. “Giusto. Ma allora perché – ribatte Scacchetti – la contribuzione è tutta in gestione separata? Insomma, per farla breve: questo è un ibrido contrattuale, che rende questi lavoratori un po’ subordinati, un po’ parasubordinati”.

Tecnicismi a parte per la Scacchetti il problema è nell’impianto generale della misura. “Qui si sta ripetendo lo stesso errore che era alla base dei voucher”. Ovvero? “Si inserisce una tipologia di contratto con tutele ridicole per coprire delle prestazioni di lavoro per le quali un contratto già esiste. Nella fattispecie, per questo tipo di prestazioni che potrebbero anche risolversi in 70-80 giornate di lavoro all’anno, esiste l’istituto del part-time. Perché non utilizzare quello?”. La “miopia” di chi si ostina a riproporre questo strumento, secondo la segretaria confederale della Cgil, sta proprio in questo: “Nel prendere, come discrimine unico per capire se un tipo di lavoro è occasionale o meno, la sola soglia massima di retribuzione. Insomma: tutto ciò che sta sotto i 2500 euro l’anno, è occasionale. Ma questo denuncia una pessima cultura del diritto del lavoro. Nonché una concezione della democrazia assai discutibile”. Addirittura? “Sì, perché il metodo seguito da governo e Pd non è ininfluente. Ma su questo – su quanto sia inaccettabile aggirare con un artificio un referendum per poi reintrodurre gli stessi strumenti che quel referendum chiedeva di abrogare – non c’è bisogno di spendere ancora altre parole, no?”. Ora, semmai, la parola passerà ai cittadini, ai giudici e magari al Presidente della Repubblica. “Sì, è in programma una giornata di mobilitazione e una raccolta di firme contro questa decisione. E poi valuteremo il ricorso in Cassazione e alla Consulta”. E Sergio Mattarella? “Abbiamo intenzione di rivolgerci anche al Capo dello Stato, come garante della Costituzione e, in particolare, dell’articolo 75”. che disciplina i referendum.

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