Le cene erano “poco eleganti” e le ragazze venivano messe a disposizione di Silvio Berlusconi per “appagarne la libidine“. E’ scritto nelle motivazioni della sentenza del processo Escort. Il 13 novembre 2015  il Tribunale di Bari aveva condannato a 7 anni e 10 mesi Gianpaolo Tarantini e a 16 mesi Sabina Began, ‘l’ape regina’ delle feste organizzate dall’ex premier. Condanne erano state comminate anche a Massimiliano Verdoscia (3 anni e sei mesi) e Pierluigi Faraone (due anni e sei mesi), mentre venivano assolti Letizia Filippi, Francesca Lana e Claudio Tarantini, fratello di Giampi.

Tarantini, portando escort alle “cene poco eleganti” organizzate dall’ex Cav, si legge nel dispositivo, ha voluto far leva sulle “debolezze sessuali” dell’ex Cav per “carpirne dapprima la confidenza, quindi pian piano la gratitudine e riconoscenza per quella discreta e volutamente non troppo ostentata opera di continua ricerca di donne rispondenti ad un determinato cliché da porre nella sua disponibilità per allietarne le serate ed appagarne la libidine quando e come lo desiderasse”.

Secondo i giudici della seconda sezione penale (presidente Luigi Forleo), le ragazze che partecipavano alle cene organizzate “assiduamente, a volte freneticamente” nelle residenze di Berlusconi lo facevano, “nella maggior parte dei casi, nella esclusiva prospettiva di conseguire munifiche elargizioni economiche o altri vantaggi personali o addirittura – in modo ancor più lungimirante – di dare una svolta alle loro (talvolta, a dir poco modeste) vite”. Le ragazze – secondo i giudici – erano “animate dalla speranza di guadagnare le sue attenzioni (di Berlusconi, ndr) e di essere ‘elette’ per trascorrere la notte in sua compagnia, consentendo a soddisfarne anche le più perverse pulsioni erotiche addirittura attraverso la consumazione di rapporti saffici”.

Il processo Escort si era con l’invio degli atti alla procura di Bari perché valuti se contestare il reato di intralcio alla giustizia a Silvio Berlusconi e quello di falsa testimonianza a cinque delle ragazze che, tra il 2008 e il 2009, parteciparono alle feste e che, forse in cambio di danaro, avrebbero mentito ai giudici baresi.

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