A quasi un anno dal primo blitz arriva il secondo atto dell’inchiesta sugli appalti pubblici pilotati in Sardegna. E non è più solo “Sindacopoli”, sale infatti il livello dei politici arrestati: dagli amministratori dei piccoli paesi a quelli del consiglio regionale. Nonché quello dei professionisti: da quelli con un piccolo giro da partita Iva ad affermati ingegneri con status di accademici. La Finanza e i carabinieri, per conto della Procura di Oristano, ha arrestato tre persone. Due sono politici di peruspessore (in carcere), entrambi nelle fila di Forza Italia, già indagati nel primo filone: il vicepresidente del consiglio regionale Antonello Peru e l’ex consigliere regionale Angelo Stochino. L’accusa per loro è di associazione a delinquere. Peru ora rischia, per effetto della legge Severino, una sospensione fino a 18 mesi. E basta seguire la provenienza geografica dei due per rintracciare i grossi appalti finiti nel mirino degli inquirenti: il Sassarese il primo, l’Ogliastra il secondo. In tutto sono 17 le persone coinvolte: per 13 sono scattati i domiciliari, per un’altra l’obbligo di dimora. Ci sono anche funzionari Anas: a livello nazionale, Nicola Dinnella, a livello regionale, Agostino Sandro Urrustochino

La mappa, le tangenti e gli incarichi finti a sorelle e fidanzate
Gli appalti manovrati dalla Squadra (così l’hanno chiamata gli investigatori) non sono solo quelli da poche migliaia di euro ma sono appunto milionari. E non più – solo – lo scambio di favori e consulenze tra geometri e amministratori ma spuntano vere tangenti. Il cuore dell’inchiesta, già rivelato sotto traccia in questi mesi, porta alla Sassari-Olbia: in particolare a due lotti, il numero 3 e 8, per un importo totale da 128 milioni di euro. L’appoggio necessario per pilotare questo tipo di appalti, secondo il sostituto procuratore di Oristano, Arnando Mammone, è a livello regionale. Da qui, secondo la ricostruzione, la pressione per far nominare commissari di gara flessibili e decidere, di fatto, l’assegnazione. Le società vincitrici, romane, così è emerso dagli interrogatori in cui i titolari hanno confessato, hanno pagato 300mila euro ciascuna.

Personaggio chiave quello che è considerato il capo della cosiddetta Cupola, l’ingegnere Tore Pinna, di Desulo (Nuorese). È lui il terzo in carcere – dove ritorna un anno più tardi, nel frattempo era infatti stato liberato, ndr –  che avrebbe distribuito i soldi ai politici e segnalato i vincitori. Il sistema prevedeva una divisione a metà tra sponsor politico e organizzatori, ossia i componenti della Squadra. Il tutto funzionava grazie a una figura intermedia, un faccendiere, che “aveva il compito di preservare l’anonimato dei politici corrotti e organizzare le turbative d’asta attraverso le quali i finanziamenti venivano sì riversati sul territorio, a imprese e professionisti compiacenti”. Il livello più basso era quello territoriale che garantiva un certo bacino di voti da indirizzare e coltivava il consenso popolare per l“impegno nei confronti della comunità”.

Utilizzato, ancora, il sistema dei falsi incarichi: anche alla fidanzata di Peru, l’architetto Alessandra Piras, e alla sorella dell’altro forzista arrestato, l’ingegnere Viviana Stochino. Entrambe già indagate: le loro conversazioni figurano infatti nelle intercettazioni. Il filone ogliastrino porta invece all’assegnazione dei lavori dei porti e porticcioli tra Tortolì e Tertenia, sulla costa orientale: rispettivamente 16 milioni e 11 milioni di euro.

La maxi tangente, le fatture “lecite”e i professionisti accademici
Il sistema era collaudato e avviato: tutto formalmente corretto con un giro di documenti fiscali intestati a prestanome, solitamente parenti di stretto grado o persone di fiducia. Consulenze ma anche contributi elettorali. Era, inoltre, prevista, anche una tangente più pesante da distribuire tra politici e funzionari da 800mila euro: “Un contratto fittizio per prestazioni professionali di vario genere da rendere nell’abito dell’appalto stesso”. Nelle numerose perquisizioni della Finanza, una anche questa mattina nella sede del Consiglio regionale, sarebbe stato trovato pure una sorta di libro nero delle mazzette su un singolo appalto: una lista, semplice, con nomi e cifre, da “ripulire”. Politici, funzionari pubblici ma anche professionisti importanti nel giro smascherato nella seconda tranche che ha coinvolto – di fatto – tutta la Sardegna.

Tra i destinatari dei provvedimenti ci sono infatti anche ingegneri che insegnano all’Università di Cagliari: come Carlo Bernardini, decano della facoltà, ma anche Andrea Ritossa, figlio di un altro importante docente della facoltà di ingegneria, e lo stesso Walter Quarto, ingegnere idraulico che lavora presso la sede cagliaritana del ministero delle Infrastrutture. Gli altri destinatari dei provvedimenti sono Giovanni Pietro Cassitta, Fulvio Maurizio Pisu, Giovanni Zallocco, Girolamo De Santis, Giovanni Chierroni, Mimmo Lai, Antonio Piras, Francesco Lai, Paolo Manca.

Salgono così a 95 – tra prima e seconda tranche – le persone coinvolte nell’inchiesta partita da una segnalazione anonima dal Nuorese su un mini appalto. In Barbagia è radicata la base e le menti dei tecnici che tenevano le fila di tutto: fino a Cagliari e oltre. Il sistema sardo sarebbe infatti stato esportato nel Lazio, un legame assodato, con sviluppi negli ultimi mesi. Poco prima di Natale alcuni indagati hanno scelto il rito di giudizio abbreviato e hanno già patteggiato.

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