C’è chi parla di “deriva plebiscitaria”, chi di “centralismo antidemocratico” e chi, addirittura, paventa il rischio di “uno scontro istituzionale senza precedenti”. Il pomo della discordia sono i 159 milioni di euro (94 per l’anno 2015 e i restanti 65 per il 2016) che il cosiddetto ‘decreto Giubileo’ stanzia tramite un fondo per “la realizzazione di interventi” volti a riqualificare Roma durante l’anno santo straordinario indetto da Papa Francesco. Con particolare riferimento alla mobilità, al decoro urbano e alle periferie. A decidere come verranno spesi i soldi, dice il provvedimento, saranno però “uno o più decreti del presidente del Consiglio dei ministri”. Tradotto: solo Matteo Renzi avrà voce in capitolo sulla questione. Mentre saranno esclusi dalla partita il commissario straordinario, Francesco Paolo Tronca, e il nuovo sindaco di Roma, che sarà eletto in primavera. Una circostanza singolare, secondo le opposizioni. Che non a caso hanno cercato di invertire la rotta. Un emendamento presentato dal deputato Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), il quale chiedeva che le risorse fossero ripartite “di concerto” con il primo cittadino della Capitale, è stato però bocciato dall’aula di Montecitorio. A favore della modifica, insieme al partito di Giorgia Meloni, hanno votato anche Forza Italia, Lega Nord, Movimento 5 Stelle, Sinistra italiana e Alternativa Libera-Possibile. Ma i 158 voti raccolti non sono serviti a farla passare.

QUI COMANDO IO – “Lo reputo un fatto molto grave”, dice Rampelli, “perché dopo la cacciata di Ignazio Marino il governo ha deciso di lasciare al loro posto i presidenti dei municipi e nominare un commissario straordinario, salvo poi scavalcarli completamente nel momento di decidere come e per cosa stanziare questi soldi. Trovo incompressibile – prosegue – che a decidere di un’amministrazione comunale sia il presidente del Consiglio. È l’ennesima testimonianza della deriva plebiscitaria alla quale stiamo andando incontro”, conclude Rampelli. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il M5S. “Oltre al fatto che la cifra stanziata è risibile e arriva con grave ritardo – attacca la deputata Roberta Lombardi – Renzi ha pensato bene di non dare voce al sindaco, espressione del voto popolare, ma di proseguire lungo la strada del centralismo antidemocratico. Roma ha 1,2 miliardi di disavanzo ai quali vanno aggiunti una serie infinita di debiti fuori bilancio con cui il prossimo primo cittadino si troverà a fare i conti. Si rischia uno scontro istituzionale senza precedenti, soprattutto se sarà eletto un sindaco espressione del M5S o delle altre forze di opposizione”.

ONERI E ONORI – “L’impressione è che Renzi voglia scaricare sui sindaci solo gli oneri lasciando per sé gli onori, e quanto previsto dall’articolo 6 del ‘decreto Giubileo’ non è che l’ultima dimostrazione”, spiega Filiberto Zaratti, deputato romano di Sinistra italiana. “È impensabile impegnare dei soldi su questioni come la mobilità, le periferie e il decoro urbano senza ascoltare ciò che ha da dire chi amministra quotidianamente la città – aggiunge –. Non vorremmo che questo fosse il modo per consultare i sindaci amici osteggiando gli avversari”. Per Giuseppe Civati, deputato ex Partito democratico oggi leader di Possibile, “la bocciatura di questo emendamento rientra nella logica dell’uomo solo al comando di matrice renziana, fatta di cambiali in bianco consegnate nelle mani del governo e nella quale gli equilibri costituzionali sono prerogativa di una singola persona. Spero solo – conclude – che alla fine nessuno si lamenti”.

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