C’è un lungo filo rosso che lega gli attentati dell’11 settembre di 14 anni fa negli Stati Uniti e la guerra civile in Siria che dal 2011 ad oggi ha causato 300mila morti e 4 milioni di profughi. Due tragedie nelle quali un potente e ricco alleato dell’Occidente, la monarchia saudita, ha giocato un ruolo molto ambiguo: ieri per le sue relazioni con gli attentatori del World Trade Center, oggi come principale sostenitrice dei gruppi jihadisti responsabili del bagno di sangue siriano, Isis incluso. Un ruolo troppo imbarazzante per essere reso pubblico, ieri come oggi.

Quando nel 2002 il presidente George W. Bush esaminò il rapporto della Commissione d’inchiesta parlamentare congiunta sull’attività delle agenzie e dei servizi segreti statunitensi prima e dopo gli attacchi dell’11 settembre, decise di secretare un intero capitolo dedicato a quello che Cia ed Fbi sapevano all’epoca del sostegno finanziario straniero agli attentatori. Nonostante le ripetute richieste dei parenti delle vittime, di molte associazioni e di diversi politici americani, Obama non ha ancora autorizzato la pubblicazione di quelle 28 pagine.

Pagine che “puntano il dito contro l’Arabia Saudita come principale finanziatore dell’11/9”, ha dichiarato in una conferenza stampa l’ex senatore Bob Graham, che di quella Commissione era co-presidente e che continua a chiedere la declassificazione del capitolo. “La pubblicazione di quelle pagine non costituirebbe una minaccia alla sicurezza nazionale, mentre lo è il loro occultamento. I Sauditi sanno cosa hanno fatto e sanno che il governo Usa lo sa e lo vuole tenere segreto: questo ovviamente li induce a continuare a fare lo stesso. Al Qaeda è stata una creatura saudita, così come lo sono i gruppi regionali tipo al Shabaab (in Somalia, ndr) e l’Isis è la loro ultima creatura”.

Terry Strada, rappresentante dell’associazione Famiglie e Vittime dell’11/9 Unite per la Giustizia contro il Terrorismo: “Nascondendo la verità sui finanziatori dell’11/9 si è garantita impunità ai responsabili che quindi si sentono liberi di continuare a finanziare organizzazioni terroristiche con il conseguente sviluppo allarmante di ramificazioni di Al Qaeda, come l’Isis”.

Tutti i parlamentari che hanno letto quelle 28 pagine ritengono che la loro pubblicazione non solo farebbe luce su un aspetto fondamentale dell’11 settembre, ma sarebbero importantissime per capire e affrontare i nuovi drammi del Medio Oriente. Walter Jones: “Sono rimasto scioccato da quel che ho letto: ci sono informazioni critiche per la direzione futura della nostra politica estera”. Thomas Massie: “Leggere quelle pagine mi ha irritato e costretto a ridefinire la mia percezione della storia e di quello che accade in Medio Oriente”. John Lehman, ex capo di stato maggiore della Marina e membro della Commissione sull’11/9: “Quelle pagine sarebbero di grande aiuto ai nostri governanti per capire meglio le minacce che oggi ci troviamo a fronteggiare”.

Quelle 28 pagine, secondo gli studiosi dell’11 settembre, trattano i rapporti finanziari tra Arabia Saudita e l’organizzazione di Osama bin Laden (rapporti che ancora nel 2009 verranno denunciati in un memo segreto dall’allora Segretario di Stato Hillary Clinton), con particolare attenzione al supporto finanziario fornito ai 19 dirottatori (di cui 15 sauditi) e al ruolo svolto da principe Turki bin Faisal, allora capo dell’intelligence, e dal principe Bandar bin Sultan, all’epoca ambasciatore saudita a Washington e amico personale dei Bush.

Lo stesso principe “Bandar Bush” che nel 2012 diventa capo dell’intelligence saudita con la missione di finanziare la ribellione antigovernativa in Siria, dove subito – con la collaborazione di Qatar, Emirati e Turchia, e il placet degli Stati Uniti – inizia l’escalation dei combattimenti e l’inarrestabile avanzata militare dell’Isis e degli altri gruppi antigovernativi jihadisti legati ad Al Qaeda.

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