“Dopo le transazioni ognuno deve avere il suo… il suo, diciamo, beneficio”. A pronunciare questa frase è il senatore Antonio Azzollini in una delle telefonate intercettate dalla Procura di Trani e riportate nelle 51 pagine inviate alla Giunta elezioni e immunità del Senato, che ha negato la loro utilizzazione nell’inchiesta sulla maxi truffa da 150 milioni di euro per la costruzione del nuovo Porto commerciale a Molfetta, nell’ambito della quale il presidente della Commissione Bilancio del Senato è indagato. Associazione per delinquere, abuso d’ufficio, reati ambientali, truffa e falso: Azzollini, secondo l’accusa, sapeva che sul fondale del porto erano presenti ordigni bellici. E di più, avrebbe utilizzato parte del finanziamento per ripianare i debiti del Comune. Per il pm, le intercettazioni dimostrano l’atteggiamento “impetuoso e spavaldo” di Azzollini. Di qui la richiesta di utilizzarle.

Ma la Giunta ha detto no, Pd compreso, che a sorpresa ha votato contro la relazione del senatore dem Felice Casson. E in Puglia scoppia il caos. Sel contro la maggioranza di governo. Ncd contro Sel, il Pd contro se stesso. La prima voce fortemente critica che si leva dal Tavoliere è quella di Guglielmo Minervini, molfettese anche lui, democratico, assessore della giunta regionale e in corsa per la poltrona da governatore. “Azzollini è il garante degli interessi trasversali. È il sacerdote della casta”, quindi intoccabile “ed è per questo che tutti si proteggono reciprocamente”. Ma non solo, Minervini punta il dito contro il suo partito reo di non aver espresso un voto coerente con questa legislatura che sembrava immessa “sui binari della legalità”. “Mi sconcerta – dice ancora – il ‘non sapevo’ di Michele Emiliano, è davvero singolare o forse solo emblematico”. Per l’assessore il partito pugliese dovrebbe unirsi nell’indignazione e chiedere ai senatori di esercitare in Aula “una coscienza autonoma da qualsiasi calcolo opportunistico”. Una prova d’appello, in buona sostanza, “per evitare un danno irreparabile”.

“La presa di posizione c’è già stata”, taglia secco Emiliano. “Minervini vuole solo pubblicità da questa storia. Quel privilegio odioso che spetta ai parlamentari andrebbe rimosso. Se c’è un’intercettazione andrebbe utilizzata”.

Si indigna anche Sinistra Ecologia e Libertà per voce di Nichi Vendola che reputa “incomprensibile” il motivo per il quale i senatori Pd abbiano votato contro la proposta del relatore Casson. Un gesto “imbarazzante che forse è rivelatore del cono d’ombra in cui finiscono le larghe intese che diventano sconce intese”. Per il gruppo consiliare regionale di Ncd, Vendola “indagato, oggetto di richiesta di rinvio a giudizio, ha perso l’ennesima occasione buon per tacere”. A prendere le difese del collega di partito Azzollini, è il coordinatore degli alfaniani di Puglia Massimo Cassano che getta acqua sul fuoco delle polemiche. “Non giudichiamo nessuno in assenza di provvedimenti definitivi”.

Non è di molto differente la posizione di Francesco Bruni, senatore di Forza Italia, pugliese e “fittiano”, secondo il quale la valutazione dei colleghi dimostra che non ci sono elementi tali da autorizzare l’uso delle intercettazioni. Non discute del caso specifico, in sostanza, ma del privilegio in sé, da eliminare a patto che non si consideri la classe politica “come unica responsabile di tutti i mali”.

L’ultima parola, dopo la nomina del nuovo relatore in Giunta, spetterà all’Aula. Il presidente della Giunta per le Immunità, Dario Stefàno, senatore di Sel e candidato anche lui alle primarie del centrosinistra per le prossime regionali, si augura che ci sia sempre una valutazione di merito da parte dei singoli membri della Giunta, e non una valutazione politica. Ma per Maurizio Buccarella, Movimento 5 Stelle, è avvenuto proprio questo. Ecco perché “in Aula non ci sarà alcuna sorpresa”.

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