Profondo rosso per Chrysler che ha chiuso il primo trimestre con una perdita di 690 milioni di dollari legata alle spese sostenute per il completamento della fusione con Fiat con l’acquisizione della quota del Veba, il fondo del sindacato dei metalmeccanici United Auto Workers. Ma anche dei richiami che, secondo quanto precisato dal direttore finanziario Rihard Palmer tra gennaio e marzo sono costati alla casa 100 milioni di dollari.

Ben poca cosa, comunque rispetto ai costi degli accordi col sindacato che complessivamente ammontano a 1,2 miliardi di dollari, e si riferiscono all’estinzione di un debito per il Uaw Retiree e ai 672 milioni di dollari per il memorandum of understanding firmato con il Uaw, in cui il sindacato si impegna a continuare ad appoggiare i programmi del World Class Manifacturing e ad assistere la società nel suo piano di lungo termine.

Tra le voci positive, invece, l’andamento dei ricavi netti che sono cresciuti del 23% a 19 miliardi di dollari, grazie al contributo del Jeep Gran Cherokee che ha aiutato Chrysler ad aumentare le vendite nel primo trimestre del 10% a 621.000 unità e a far crescere la quota di mercato americana dall’11,4 al 12,5 per cento. La liquidità totale disponibile della casa al 31 marzo è 13,7 miliardi di dollari, mentre l’indebitamento industriale netto è di 551 milioni di dollari a fronte dei 619 milioni di dollari del 31 marzo 2013. Con la diffusione dei risultati trimestrali, Chrysler ha confermato gli obiettivi finanziari del 2014, che dovrebbe chiudersi con ricavi per 80 miliardi di dollari, un utile netto di 2,3-2,5 miliardi di dollari e consegne globali per 2,8 milioni di auto. 

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