Capita che dietro le sbarre la realtà si capovolga. Che ciò che è ordinario fuori diventi straordinario dentro. E che l’avvio di una settimana di lavoro si trasformi nell’inizio della strada per la libertà e per il riscatto. E capita anche che questo viaggio diventi un film: si chiama Meno male è lunedì, ed è il nuovo documentario firmato dal giornalista e regista, Filippo Vendemmiati, e girato in queste settimana tra i corridoi e le stanze del carcere di Bologna della Dozza.

La pellicola trae spunto dall’esperienza che ha portato le tre aziende bolognesi leader nel settore del packaging, Marchesini group, Ima e Gd, ad aprire una vera e propria officina nella ex palestra del carcere. Qui, ogni giorno, si producono componenti meccaniche ad alta tecnologia. Un investimento in piena regola, con la creazione di una società, la Fid, e l’assunzione di 13 detenuti, inquadrati con contratto nazionale dei metalmeccanici, a tempo indeterminato. Un progetto unico in Italia, che Vendemmiati, già premio David di Donatello nel 2011 con il documentario sulla storia di Federico Aldrovandi È stato morto un ragazzo, ha deciso di trasformare in un film, la cui uscita nelle sale è prevista per l’autunno del 2014.

Girato in presa diretta, le scene non sono né preparate né costruite, ma raccolte dal vivo, seguendo una narrazione che alterna dialoghi a storie del passato degli intervistati. E usa un tono tutt’altro che drammatico. Ma protagonisti non sono solo i detenuti-lavoratori. L’idea di fondo su cui si poggia l’intero documentario, infatti, è un’altra: raccontare il rapporto e lo scambio reciproco tra carcerati ed ex-operai in pensione, chiamati a insegnare i segreti del mestiere. Sono dieci quelli reclutati dalle stesse aziende per le quali hanno lavorato una vita intera, con l’inedito ruolo, questa volta, di maestri dietro le sbarre. “Non si muove una foglia che il tutor non voglia” scherza un detenuto davanti all’operatore.

La telecamera segue, passo dopo passo, il percorso dei protagonisti per arrivare nel luogo di lavoro. I detenuti dalle celle, gli ex operai dalle proprie case. E quando la chiave gira e si apre la porte dell’officina i ruoli si mescolano, gli status si annullano, e il luogo di lavoro diventa uno spazio di libertà, di scambio e di trasmissioni di saperi. Per questo, se nella vita fuori il lunedì è il giorno più grigio, dietro le mura del carcere è quello migliore. Mentre il sabato e la domenica altro non sono che ore di attesa del ritorno in fabbrica.

L’officina non è l’unico progetto che ha offerto opportunità di lavoro ai detenuti della Dozza. Anche nel reparto femminile, un colosso come Ikea ha deciso di investire nel laboratorio di cucito del carcere bolognese, chiamato Gomito a Gomito. Nei mesi scorsi Ikea ha donato diversi metri di tessuti alla sartoria delle detenute. Materiale con cui poi sono stati creati astucci, borse e grembiuli. I prodotti saranno in vendita all’Ikea di Casalecchio di Reno, nel bolognese, l’11, il 12 e il 13 aprile.

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