Il prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro ha emesso una misura interdittiva antimafia nei confronti della ditta Sincre Spa, che ha come presidente Enrico Zini, imprenditore molto conosciuto in città. Il provvedimento amministrativo è arrivato all’inizio del 2014. Finché sarà in vigore, la ditta nata dall’unione tra le due storiche aziende reggiane, la Zini e Zambelli e la Fratelli Bari, non potrà partecipare ad alcun lavoro pubblico, compresi quelli per la ricostruzione post terremoto.

L’edizione reggiana in edicola del Resto del Carlino, che ha diffuso la notizia, ha sottolineato come proprio l’azienda Fratelli Bari fosse finita tra le carte dell’operazione antimafia Edilpiovra, risalente a oltre dieci anni fa, anche se la dirigenza dell’azienda non fu allora indagata per alcun tipo di reato. La misura interdittiva, che non equivale a una condanna e nemmeno all’accusa di avere commesso dei reati, secondo quanto riportato dal quotidiano reggiano, parla dell’acquisizione di “oggettivi elementi per ritenere comprovato il pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della ditta Sincre Spa”.

Alla riunione che ha portato al provvedimento ha partecipato anche il Girer (Gruppo interforze ricostruzione Emilia-Romagna) l’organismo del ministero dell’Interno creato nell’estate 2012 per combattere le infiltrazioni mafiose nella ricostruzione post-sisma. L’azienda, interpellata da ilfattoquotidiano.it, ha risposto per bocca proprio del presidente Enrico Zini. Oltre a guidare Sincre Spa (nata nel gennaio 2012) Zini è anche vicepresidente del consiglio direttivo dell’Ance reggiano, il collegio costruttori edili degli industriali, ex presidente e ancora nella dirigenza del Rotary club reggiano. “Partiamo dal presupposto che noi ci siamo sempre battuti per la legalità. Da anni sostengo in tutte le sedi la necessità di avere le white list applicate anche ai lavori privati e non solo a quelli pubblici”. Poi Zini entra nel merito del provvedimento prefettizio: “Nel documento ci sono state segnalate delle informazioni a noi sconosciute e in quel momento ne abbiamo preso atto. La misura interdittiva antimafia non è una condanna, né un’accusa. Ha lo scopo di segnalare dei rischi di infiltrazioni e noi ci adegueremo risolvendo la situazione che ci è stata segnalata”, spiega il presidente del cda di Sincre Spa.

Zini conferma tuttavia che sotto il mirino del prefetto De Miro, da sempre severissima nei controlli antimafia, c’è una persona che lavora in Sincre Spa: “Questa persona in questione era un artigiano quando nel 2002 sono successi certi fatti di cui noi non eravamo a conoscenza. Si tratta di cose che riguardano la catena delle parentele di questa persona. La Prefettura, in base alla nuova legge più stringente dell’aprile 2013 che ha istituito le white list, ci ha segnalato la questione. Prima di questa legge, noi della Sincre abbiamo sempre ottenuto la certificazione antimafia. E guardi che lavoravamo con la stessa struttura e le stesse persone. Ora la legge è più severa e dopo i puntuali controlli della prefettura, sono venute fuori queste anomalie”.

L’imprenditore ha da dire anche su un’altra vicenda: quella dell’auto di un suo socio, Zambelli bruciata a marzo del 2013: “I vigili del fuoco fin da subito hanno detto che l’incendio non era di origine dolosa e invece qualcuno ha voluto accostare quell’incendio a quello delle auto dei mafiosi”. Zini infine esclude qualunque ricorso contro il provvedimento del prefetto: “Non ci penso. Ci adegueremo tutte le volte che ci contesteranno qualcosa. Umanamente non si poteva conoscere il quinto grado di parentela di una persona. Fra 10 giorni ripresenteremo la documentazione alla prefettura che spero comprovi che abbiamo eseguito quanto da loro segnalato”.

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