L’ennesimo rinvio e ancora un nulla di fatto. Dopo lo stallo in Senato della discussione sulla legge elettorale, frenano i giudici della Consulta che oggi avrebbero dovuto esprimersi sulla costituzionalità della legge elettorale, ma che potrebbero pronunciarsi non prima del gennaio prossimo. Notizia che però in serata cambia notevolmente di tono: il presidente Gaetano Silvestri ha infatti fissato per domani mattina, 4 dicembre, l’esame delle questioni di legittimità poste sul Porcellum.

La decisione potrebbe garantire più tempo alla politica per procedere alla riforma in Parlamento, ma continua a mancare un accordo tra le parti politiche. A dirsi preoccupato è il presidente del Senato Pietro Grasso: “I gruppi parlamentari non riescono a coordinarsi, dimostrando di non sentire la marea montante di una rabbia che si riverserà, più forte di prima, contro tutti i partiti“. E ha aggiunto: “Lo stallo è evidente. La Corte costituzionale ci ha dato un po’ più di tempo, io spero che ci sia condivisione qui al Senato, ma se ci sarà ancora uno stop non esiterò un attimo a sostenere il trasferimento alla Camera“. Esultano così i deputati sostenitori di Matteo Renzi, come Marcucci e Anzaldi, che sanno che i numeri del Pd a Montecitorio potrebbero fare la differenza soprattutto in vista dell’elezione del prossimo segretario. 

Nessuno tocchi il Porcellum, sembra la parola d’ordine su tutti i fronti. Oggi avrebbe dovuto essere il giorno in cui i giudici costituzionalisti avrebbero deciso se la norma, ideata dal leghista Roberto Calderoli e da lui definita una “porcata”, rispettava la legge fondamentale dello Stato. Ma, come aveva fatto lunedì 2 dicembre il Senato, i magistrati hanno deciso di fatto per un rinvio. Il 14 gennaio è fissata una camera di consiglio sull’ammissibilità di un referendum sulla geografia giudiziaria e quello potrebbe essere il giorno per analizzare anche la questione Porcellum per intero, a prescindere dalla camera di consiglio che inizierà domani, 4 dicembre.

Nulla di buono anche sul fronte politico. Chi esulta per l’eventuale passaggio a Montecitorio della discussione sulla riforma della legge elettorale, sono i parlamentari dell’area Renzi. “Il presidente Grasso”, hanno commentato Andrea Marcucci e Michele Anzaldi, “ha interpretato l’umore del Paese, sulla legge elettorale i partiti non possono più fare melina. Il buonsenso dei presidenti delle Camere rappresenta l’unica possibile via d’uscita. Bisogna prendere atto dell’impossibilità di procedere all’abolizione del Porcellum in Senato e passare la legge elettorale alla Camera, dove c’è una chiara maggioranza sul doppio turno, così come ha indicato Matteo Renzi. Ci auguriamo che in tempi davvero brevi ciò possa davvero avvenire”.

Durante la Consulta, dopo il giudice relatore Giuseppe Tesauro, è intervenuto l’avvocato Aldo Bozzi per i promotori del ricorso contro il Porcellum risalente al 17 maggio scorso. L’approdo in Consulta della legge elettorale – i quesiti per abrogarla erano stati bocciati nel 2012 – ha alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c’è la testardaggine dell’avvocato 79enne BozziNel novembre 2009, in qualità di cittadino elettore, il legale aveva citato in giudizio la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Milano, sostenendo che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l’entrata in vigore della legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del 2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso, perché non si era svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione – ossia voto “personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e “a suffragio universale e diretto”.

Liste bloccate, premio di maggioranza senza soglia minima, inserimento nella lista elettorale del nome del capo di ciascuna lista o coalizione, gli aspetti contestati. Il primo, per garantire l’espressione del voto personale e diretto deve essere data all’elettore, secondo Bozzi, la possibilità di esprimere la propria preferenza a singoli candidati. La seconda, perché attribuisce un premio di maggioranza senza agganciarlo a un numero minimo di voti, e in questo modo violerebbe il principio di uguaglianza del voto. La terza, perché l’indicazione sulla scheda del capo del partito o coalizione, possibile futuro premier, limiterebbe l’autonomia del Capo dello Stato nella scelta del presidente del Consiglio.

Il Porcellum è “una legge che ci ha ridotto a mandrie da voto” ha detto l’avvocato, Alberto Tani, nel corso della sua relazione. La norma “lede il diritto di voto: con questa legge il diritto di scelta individuale dell’elettore è stato irragionevolmente soppresso” ha sostenuto inoltre Bozzi. La legge Calderoli, ha aggiunto Claudio Tani, un altro dei legali che difende le posizioni dei ricorrenti “si propone lo scopo di distruggere la Costituzione“. Nel giudizio sono intervenuti ad adiuvandum, cioè a sostegno della posizione di Bozzi, venticinque cittadini elettori. Il 18 aprile 2011 il Tribunale di Milano aveva rigettato l’istanza, giudicandola manifestamente infondata. Bozzi aveva fatto ricorso in appello e il 24 aprile 2012 la Corte d’appello di Milano lo ha respinto, motivando che il principio del voto uguale per tutti è da intendersi in senso formale, ossia che nell’urna ogni voto ha lo stesso valore. È seguito il ricorso in Cassazione. Oggi era il momento della Consulta. Ma bisognerà attendere ancora.

“Credo che la Corte Costituzionale abbia deciso il rinvio per una forma di compassione verso questo Parlamento che non riesce a trovare una intesa sulla legge elettorale e dà un altro po’ di tempo. Ma confidiamo che Il 14 gennaio un parere ci sia, il rinvio sine die di una materia così delicata conduce a una instabilità che non si può accettare” dice il senatore del Pd Felice Casson nella conferenza stampa in cui ha presentato, insieme ai senatori Corradino Minneo, Walter Tocci e Laura Puppato, tre proposte per il ripristino del Mattarellum: “Il parlamento sta facendo una brutta figura, sembra Penelope che di giorno fa e di notte disfa”. Sulla questione legge elettorale si pronuncia anche Matteo Renzi: “Uno dei primi impegni che il Partito democratico prenderà, se dovessimo vincere l’8 dicembre, sarà quello di chiedere che la legge elettorale passi dalle paludi dal Senato alla Camera e si faccia lì”.

 

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