Nuovo capitolo. Vecchio copione. La battaglia sull’innalzamento del tetto del debito negli Stati Uniti riporta in primo piano uno degli elementi centrali della politica USA degli ultimi anni: lo scontro tra Casa Bianca e i repubblicani all’Assemblea. Dopo il voto alla Camera– 238 contro 189 – che rifinanzia le agenzie del governo federale ma sottrae fondi alla riforma sanitaria, Barack Obama ha chiamato telefonicamente lo speaker John Boehner e gli ha spiegato che non tratterà sul tetto del debito. Nel caso non si arrivi a un accordo, la strada è già segnata: la chiusura, almeno parziale, del governo americano, che non sarà più in grado di pagare gli stipendi e di far fronte ai propri impegni con i creditori a partire dal prossimo ottobre.

Il nuovo scontro ha una percorso definito, anche se l’esito resta al momento scarsamente prevedibile. La misura votata dalla Camera, che lega il rifinanziamento del governo federale sino al 15 dicembre alla cancellazione dei fondi per l’Obamacare, verrà considerato tra pochi giorni anche dal Senato, a maggioranza democratica. Prevedibile che i senatori rimandino alla Camera la misura approvata soltanto nella parte sul debito, scorporando la clausola della sanità. A quel punto John Boehner e il numero due repubblicano della Camera, Eric Cantor, dovranno decidere cosa fare: se rimandare lo scontro o, come chiedono i deputati vicini al Tea Party e i settori più conservatori del partito, andare fino in fondo e scatenare la guerra contro Obama proprio in tema di riforma della sanità, la realizzazione più importante dei cinque anni di governo di questo presidente che i conservatori USA non hanno però mai accettato.

A quel punto, nel caso Boehner e i repubblicani dovessero scegliere la linea dura, lo scenario probabile è proprio quello del default. A questa eventualità si sta preparando Sylvia Mathews Burwell, budget director della Casa Bianca, che ha messo a punto con i responsabili delle varie agenzie un piano per una riduzione “ordinata” delle attività del governo federale, “che protegga vite umane e proprietà”, come ha scritto la Burwell. In altre parole, oltre ai servizi essenziali, tutto il resto sarà sospeso: i soldati continueranno ad andare in missione ma non gli saranno pagati gli stipendi; monumenti e parchi nazionali verranno chiusi nel giro di 48 ore; migliaia di dipendenti pubblici saranno messi in congedo non pagato. La situazione sarà insomma simile a quella verificatasi nel novembre 1995, quando 800 mila lavoratori del settore pubblico furono mandati a casa.

“Noi siamo gli Stati Uniti e paghiamo i nostri debiti. Se non lo facciamo siamo dei fannulloni”, ha detto Obama durante una visita a una fabbrica della Ford in Missouri. Il presidente è stato durissimo: “Il Congresso non sta pensando a voi ma alla politica e a creare problemi a me” ha detto, ribadendo che non è possibile alcun baratto tra innalzamento del tetto del debito e riforma sanitaria, che entrerà a pieno regime il 1 ottobre. Dall’altra parte dello schieramento, i repubblicani non sembrano meno convinti di portare lo scontro alle estreme conseguenze. Eric Cantor si è rivolto esplicitamente ai democratici che alle prossime elezioni di midterm si presentano per la rielezione in Stati governati dai repubblicani e ha chiesto di considerare” ciò che vogliono gli americani. E gli americani non vogliono questa riforma sanitaria”. Un chiaro avvertimento sui possibili contraccolpi politici che potrebbero colpire quei democratici che si ostinano a difendere l’Obamacare.

A detta di molti a Washington, l’ennesima sfida potrebbe davvero portare al tanto temuto default, e questo sostanzialmente per due ordini di motivi: da un lato Obama e i democratici hanno letto i sondaggi di questi giorni, secondo cui gli americani darebbero la responsabilità del default ai repubblicani, e hanno tutto l’interesse politico ad arrivare alla parziale sospensione delle attività di governo; dall’altro i repubblicani della Camera più vicini al Tea Party devono mobilitare la propria base elettorale su un tema ad alto tasso di “purezza ideologica” come la riforma sanitaria, e dimostrare di aver contrastato la politica di Obama prima di tornare alle urne nel 2014. John Boehner, spesso accusato dai settori più radicali del suo partito di aver concesso politicamente troppo a Obama in questi anni, sarebbe costretto a cedere e chiudere ogni spiraglio di trattativa. Le indicazioni della budget director della Casa Bianca ai responsabili delle agenzie di governo, così dettagliate su come affrontare l’emergenza, sembrano un ulteriore segnale della possibile “chiusura” del governo americano.

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